La popolazione civile della cittadina di Mauthausen

Vivere vicino ad un lager
Mauthausen. L’interno del campo oggi.I  primi prigionieri arrivarono a Mauthausen nell’agosto 1938. All’inizio, la reazione della popolazione fu notevolmente ostile. In paese, spesso le SS si ubriacavano, provocavano risse oppure assumevano comportamenti di tipo sacrilego contro i segni religiosi cari agli abitanti della cattolica cittadina austriaca. Tuttavia, col passar del tempo, l’iniziale ostilità si trasformò dapprima in indifferenza, poi in abitudine e in aperta complicità.

In effetti, gli abitanti di Mauthausen riuscirono ben presto a trarre un vantaggio dall’esistenza del lager. Alcuni, senza eccessivi scrupoli morali, accettarono di acquistare gli effetti personali dei detenuti (orologi d’oro, cappotti, vestiti, ecc.) che le SS mettevano in vendita, mentre altri iniziarono a servirsi del lavoro dei deportati, dopo aver pagato la tariffa di tre marchi al giorno per ogni prigioniero, all’amministrazione del campo.

In questi casi, le testimonianze sono concordi nel ricordare che non si verificarono mai dei maltrattamenti o degli episodi di violenza; anzi, i deportati che lavoravano per i privati fuori dal cantiere della cava ricevevano di solito un vitto dignitoso e sostanzioso. Tuttavia, tramite questa operazione dell’affittare i deportati, le SS ottennero ugualmente un enorme successo: in tal modo, essi crearono intorno al lager una fitta rete di complicità e trasformarono il campo in una realtà normale e accettabile, con cui si poteva coesistere senza problemi morali e da cui anzi era possibile trarre numerosi e svariati benefici economici.

Gesti di solidarietà

Per funzionare, la cava di granito aveva bisogno anche di personale specializzato. Nel dicembre 1939, pertanto, i 1 066 prigionieri lavoratori erano affiancati da 210 civili, i quali sapevano bene che il loro posto di lavoro dipendeva dal silenzio che essi erano in grado di mantenere circa le condizioni dei detenuti rinchiusi nel campo.

Malgrado ciò, conosciamo almeno un episodio di rifiuto di obbedire alla generale congiura del silenzio imposta dalle autorità; uno scalpellino specializzato di formazione socialista, Johann Steinmueller, che lavorò nella cava dal 18 marzo al 27 maggio 1939, dapprima si mise in cattiva luce per il modo umano e solidale con cui intratteneva rapporti con i deportati durante il servizio, e poi – alla fine di maggio, dopo essere stato licenziato – denunciò ad alta voce e in pubblico, nella taverna del paese, alcuni episodi di violenza di cui era stato testimone. Arrestato, venne condannato a otto mesi di prigionia il 21 marzo 1940 e condotto a Buchenwald.

Numerosi altri cittadini di Mauthausen mostrarono con piccoli gesti di non approvare le brutalità cui erano sottoposti i deportati. Anna Strasser, che lavorava in una cooperativa agricola ubicata a poca distanza dal campo, lasciava regolarmente cadere sulla banchina della stazione ferroviaria, spesso frequentata da gruppi di detenuti destinati a lavori diversi da quello nella cava, pezzi di pane, sale, zucchero, aghi e bottoni. Anche il superiore della signora Strasser, Franz Winklehner, compì nell’autunno 1940 alcune azioni simili, gettando pane e sigarette ai prigionieri. Winkleher però, colto in flagrante da un SS, fu arrestato e condotto a Dachau, ove morì nel febbraio 1941.

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