I prigionieri sovietici
L'offensiva contro l'URSS
Nel maggio 1942, quando i tedeschi ripresero l’offensiva, altri 239.000 prigionieri furono catturati nei pressi di Kharkov, in Ucraina. Alla fine del conflitto, il numero globale di soldati sovietici catturati toccò la quota di 5,7 milioni.
In un primo tempo, le condizioni di vita di questi prigionieri furono terribili: non a caso, si calcola che almeno 3.300.000 di essi siano periti di stenti o vittime di esecuzioni sommarie. I nazisti presero come pretesto il fatto che l’URSS non aveva firmato la Convenzione di Ginevra sui prigionieri di guerra. In realtà, la motivazione vera della violenza nazista verso i sovietici era di natura ideologica: il disprezzo razzista contro i sottouomini slavi si mescolava con l’odio per il nemico bolscevico.
I sovietici di Mauthausen
Quasi tutti i campi (Dachau, Sachsenhausen ed Auschwitz I, ad esempio) videro esecuzioni di massa di prigionieri sovietici. Mauthausen, tuttavia, fu teatro di un episodio particolarmente grave, verificatosi nel marzo 1944, allorché circa 4.700 ufficiali vennero inviati là, stipati in una baracca isolata rispetto al resto del lager e lasciati di fatto a morire di fame, tanto erano misere le razioni che essi ricevevano. Periodicamente, erano poi obbligati a subire docce gelate e a dormire in alloggi allagati. Poiché morivano al ritmo di 20-30 al giorno, nel gennaio 1945 i sopravvissuti erano solo 570 circa. Il 2 febbraio 1945, 495 di questi ufficiali – comprendendo di non avere più nulla da perdere – tentarono una fuga in massa. Riuscirono a varcare la recinzione in 419, ma solo una dozzina di questi evasi riuscì a salvarsi.
Tutti gli altri furono catturati e la maggior parte eliminata sul posto, là dove veniva scovata. All’imponente caccia all’uomo parteciparono anche molti zelanti cittadini di Mauthausen, per i quali i detenuti non erano affatto delle vittime, ma dei nemici, o peggio dei pericolosi delinquenti da cui difendersi con ogni mezzo disponibile.