Il Lager come strumento di rieducazione

Nel gennaio 1937, Himmler parlò ad un pubblico di ufficiali della Wehrmacht della funzione dei campi di concentramento e difese ancora l’impostazione originaria: i lager erano presentati come strumenti correzionali per i tedeschi che avevano bisogno di rieducazione. A partire dal 1938 (creazione di Mauthausen e di Flossenbügg), lo stesso Himmler avrebbe insistito sempre di più sul ruolo economico del lavoro dei detenuti.

Veniamo ora ai campi di concentramento... Gli internati sono 8000. Vi dirò perché ne abbiamo così tanti e perché ne avremo ancora di più. Innanzi tutto, state certi che nessuno è internato nei campi ingiustamente, ma che si tratta della feccia del crimine... Non esiste dimostrazione più lampante delle leggi genetiche e razziali di un campo di concentramento. Vi si trovano infatti idrocefalici, strabici, esseri deformi, mezzi ebrei, ovvero un numero considerevole di persone inferiori dal punto di vista razziale. Tra questi internati, facciamo naturalmente una distinzione tra coloro che interniamo per pochi mesi, allo scopo di rieducarli, e coloro che devono restarvi a lungo... Visito tutti i campi una volta l’anno e arrivo sempre senza preavviso. Recentemente ho visto un uomo di settantadue anni che ha compiuto il suo settatatreesimo crimine. Dare dell’animale a un uomo simile sarebbe offensivo nei confronti dell’animale: gli animali non si comportano così...

Tutte queste persone finiranno perciò nei campi di concentramento, dove si rieduca mediante l’ordine – un ordine rigoroso - , la pulizia e una disciplina severa. I campi sono circondati da fili elettrici. Se qualcuno oltrepassa la zona proibita, gli si spara, come si fa anche con chi fugge durante il lavoro. Se qualcuno è arrogante, lo si mette in isolamento in una cella buia, a pane e acqua, dove, secondo la legge prussiana, può ricevere fino a 25 frustate. Non vi è nulla di brutale in questa pena, in quanto può essere pronunciata soltanto dall’ispettore dei campi di concentramento.

(J. Kotek – P. Rigoulot, Il secolo dei campi. Detenzione, concentramento e sterminio 1900-2000, Milano, Mondadori, 2001, p. 237. Traduzione di A. Bernabbi)

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