I Lager come strumento di produzione economica

Himmler si rese conto del potenziale economico rappresentato dalla manodopera dei lager nel 1938. Dapprima, si pensò di sfruttare il lavoro dei detenuti per arricchire le SS, che per qualche anno furono l’unica realtà tedesca a beneficiare dei profitti derivanti dal lager. Nel 1942, si compì una svolta decisiva: poiché la guerra si prolungava, il lavoro dei detenuti (abbandonato ogni riferimento rieducativo e correzionale) doveva inserirsi a pieno titolo nella produzione finalizzata a sostenere lo sforzo bellico. Questa nuova impostazione fu suggerita a Himmler da Oswald Pohl, responsabile dell’Ufficio centrale economico-amministrativo delle SS, in un rapporto del 30 aprile 1942.

1) La guerra ha provocato un visibile mutamento nella struttura dei campi di concentramento, e ha cambiato dalle fondamenta le loro funzioni per quanto riguarda l’impiego dei deportati. La detenzione di prigionieri non deve più avvenire sulla base principalmente di motivi di sicurezza, rieducazione o prevenzione. Il centro di gravità si è spostato sull’aspetto economico della questione. La mobilitazione di tutta la manodopera detenuta, adesso per mansioni legate alla guerra (incremento della produzione di armamenti) e in seguito per compiti legati alla pace, è sempre più in primo piano.

2) Da questa constatazione consegue la necessità di prendere le misure opportune per ottenere la trasformazione progressiva dei campi di concentramento dalla loro forma originaria derivata dalla loro funzione politica in una struttura corrispondente alle funzioni economiche che ora devono svolgere.

(A.J. Kaminski, I campi di concentramento dal 1896 ad oggi, Torino, Bollati Boringhieri, 1997, p. 141. Traduzione di B. Mantelli)

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