Dora nella memoria di un deportato italiano

Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, circa 615 000 militari italiani furono catturati dai tedeschi e deportati in Germania. Domenico Giaccardi (nato in provincia di Cuneo nel 1907) venne condotto a Dora nell’ottobre 1943.

Mi sono subito reso conto che era un campo in via di costruzione, stavano ancora sistemando i reticolati ed io sono stato mandato subito nel tunnel (non so se era la galleria A o B) e qui ho sempre caricato pietre sui vagoni che poi venivano spinti fuori. Sei mesi circa senza vedere la luce del sole. All’inizio nel tunnel avevamo soltanto lumi a petrolio. Poi è stata messa la luce elettrica. Il tunnel era molto largo e ampio, con due binari, così i vagoni andavano e tornavano continuamente.

Dormivo all’interno su letti a castello che avevano paglia piena di pidocchi al posto dei materassi, e venivano pigiati l’un contro l’altro. Al mattino ci davano una specie di caffè caldo e la sera un po’ di brodaglia con rape, patate marce, barbabietole e chissà che. Le V1 e le V2 le vedevo, ma non ho mai partecipato alla loro costruzione. Mi ricordo che la V1 era più piccola, direi lunga 12 metri, mentre la V2 era più lunga, forse un 20 metri. Di notte vedevo che le portavano fuori mimetizzandole con reti verdi. Tutte le sere ne passavano 7-8 caricate sulle spalle di parecchi prigionieri (forse una ventina per missile): le mettevano su camion e poi le portavano in altri posti. Così come le vedevo io non erano terminate.

(R. Lazzero, Gli schiavi di Hitler. I deportati italiani in Germania nella seconda guerra mondiale, Milano, Mondadori, 1998, p. 120)

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