I pirati dell'Edelweiss di Aquisgrana

Saul K. Padover era un ufficiale dei servizi segreti americani. Operò nel 1944-1945, nella Germania Occidentale, al seguito delle truppe americane che avanzavano in territorio tedesco. Padover, infatti, era stato incaricato dal Dipartimento per la guerra psicologica di sondare l’umore (cioè il morale, in termini militari) della popolazione civile, al fine di valutare il grado di resistenza che le truppe alleate avrebbero incontrato nel loro cammino verso il cuore della Germania. Ne nacque così un singolare rapporto: uno straordinario sondaggio a caldo sulla mentalità dei tedeschi, a guerra non ancora finita.

Fu durante l’assedio di Aquisgrana che sentii parlare per la prima volta di un movimento giovanile più o meno organizzato contro il nazismo. Il mio informatore fu Bernhard Thal, un uomo d’affari che aveva dedicato metà della sua vita in Germania ai movimenti giovanili e ora, all’età di trent’anni, era la personificazione della sconfitta e della disperazione. [...]

"Nel 1940", mi disse con voce bassa e tagliente, "erano tutti entusiasti di Hitler e della guerra. La Wehrmacht portava in patria carovane di bottino da tutta Europa, spoglie di guerra, beni dei vinti e degli assassinati e la nazione tedesca s’inorgogliva delle ricchezze che affluivano. L’intera nazione ha partecipato a quella spoliazione. Oh, come amavano Hitler, a quei tempi! Ora che la marea è cambiata e soffrono un po’, anche se soltanto una minima frazione di quello che hanno dovuto subire le vittime non tedesche, sono diventati all’improvviso antinazisti. Quando Hitler era vittorioso, non ho mai sentito un tedesco esprimere pietà o compassione per i popoli d’Europa schiacciati. Al contrario, i tedeschi gongolavano al pensiero della sorte delle loro vittime. Dopo l’invasione dell’Olanda, ho sentito i miei vicini di casa dire: “Una volta erano ricchi e prosperi, mentre noi eravamo poveri e sconfitti; che siano loro, adesso, a capire che cosa si prova a essere poveri e sofferenti” ". [...]

Cadeva una leggera nevicata e Thal guardò fuori della finestra con il volto inespressivo. Nella stanza faceva freddo e il gelo della disperazione era contagioso. Cosa si poteva fare, di fronte a tanto pessimismo? Ci doveva pur essere un filo di speranza nei giovani. Lo invitai a parlarmi dei giovani in Germania e lui raccontò la storia dell’Edelweiss, l’unico movimento di rivolta contro il nazismo che esistesse nella nazione. Non era granché, certo, ma in un paese piatto ogni collina sembra una montagna e, tenuto conto dell’atteggiamento supino della nazione tedesca, era pur sempre qualcosa.

Il gruppo degli Edelweiss Piraten (pirati Edelweiss) era nato a Düsseldorf e si era esteso ad altre città della Renania, in particolare Krefeld, München-Gladbach e Aquisgrana. Ne facevano parte ragazzi e ragazze ancora adolescenti, per lo più ex appartenenti alla Gioventù Hitleriana, che erano scontenti delle costrizioni e dell’irreggimentazione imposti dai nazisti. Il movimento non era né cattolico, anche se fioriva soprattutto nelle comunità cattoliche, né comunista, anche se alcuni dei suoi leader provenivano dalla Freje Jugend Bewegung; non era né consapevolmente politico né ben organizzato.

I ragazzi e le ragazze che ne facevano parte odiavano semplicemente i nazisti, in particolare i giovani nazisti, e si univano all’Edelweiss tanto per esprimere un risentimento ancora informe, quanto per spavalderia e sfida giovanile. Pare che esistessero ben pochi contatti strutturati fra i gruppi delle varie città.

S’incontravano regolarmente e in segreto, indulgendo spesso in risse con i componenti della Gioventù Hitleriana; a volte, negli scontri notturni, si era visto anche lampeggiare qualche coltello. A Colonia alcuni ragazzi dell’Edelweiss avevano tentato di introdursi nel deposito militare per procurarsi delle rivoltelle. A Eiscweiler avevano danneggiato un carro merci. Ad Aquisgrana avevano tagliato le gomme delle biciclette dei giovani seguaci di Hitler. In ogni caso non sembra che preoccupassero la Gestapo, anche se, naturalmente, li teneva d’occhio.

"Le azioni del gruppo Edelweiss", concluse Thal, "sono gesti simbolici di sfida, più che atti di vera resistenza. Le loro attività sono semplici Kindereien (bravate infantili). Non dovete annettere eccessiva importanza agli atti di questi ragazzi".

Qualche giorno dopo ebbi modo di conoscere due ragazze dell’Edelweiss, Thea e Jenny. [...] Oltre a cantare, scherzare e incontrarsi nelle locande, si divertivano a tendere agguati ai giovani hitleriani, picchiandoli di santa ragione. A volte qualcuno, da una parte e dall’altra, usava anche il coltello. Jenny slacciò la parte superiore della camicetta per esibire con orgoglio una cicatrice sulla spalla sinistra. "Questa me l’ha fatta un ragazzo della Hitler Jugend, e con il mio coltello!". D’estate i Pirati organizzavano eccitanti picnic, avventurandosi nelle zone di campagna dove si tenevano i campeggi della Gioventù Hitleriana e lanciando assalti in stile indiano. Si avvicinavano di soppiatto alle tende, strappavano la svastica e quando catturavano un giovane nazista, lo legavano a un albero per annerirgli la faccia con il lucido da scarpe. "Era un vero spasso", commentò Thea. Una volta la Gestapo li aveva arrestati e malmenati un po’, intimando loro di rinunciare a quelle attività, ma i Pirati, dopo avere versato qualche lacrimuccia, erano tornati al loro "spasso" preferito.

Si stentava a credere che la resistenza della nazione tedesca alla tirannia fosse tutta lì.

(S.K. Padover, L’anno zero. 1944-1945: un soldato ebreo alla scoperta della catastrofe tedesca, Torino, UTET, 2003, pp. 63-69. Traduzione di L. Perria)

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