I metodi della CEKA

Nel 1921, uno dei più stretti collaboratori di Dzerzinskij, Martyn Latsis, difese l’operato della Ceka dalle numerose critiche che venivano le mosse persino da alti esponenti comunisti. Le accuse più dure provenivano dal Commissariato del popolo alla Giustizia, che contestava alla Ceka la cancellazione delle più elementari norme di procedura processuale tipiche della cultura giuridica ottocentesca e il frequente ricorso alla pratica della fucilazione sommaria.

La CEKA non è solo un organo investigativo: è l’organo di battaglia del partito del futuro... Elimina senza processo e allontana dalla società imprigionando nei campi di concentramento. La sua parola è legge. Il lavoro della CEKA deve coprire ogni sfera della vita pubblica... Quando si interroga, non si cercano le prove pertinenti delle parole e delle azioni dell’accusato contro il potere sovietico. La prima domanda che bisogna porsi è: a che ceto appartiene, quale istruzione, educazione, origine o professione ha? Tali domande devono determinare il destino dell’imputato. E’ questo il senso e l’essenza del terrore rosso... Non giudica il nemico, lo colpisce. Non mostra pietà, ma riduce in cenere chiunque imbracci le armi dall’altro lato della barricata e chi non ci è di alcuna utilità.

D. Rayfield, Stalin e i suoi boia. Una analisi del regime e della psicologia stalinisti, Milano, Garzanti, 2005, p. 83. Traduzione di S.De Franco

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