L'inizio della repressione
La dittatura del proletariato
Il 30 agosto 1918, Lenin venne ferito in un attentato. Per reazione, il 5 settembre venne lanciato il Terrore rosso: una grande offensiva diretta contro gli esponenti del vecchio regime zarista e contro i borghesi che erano stati precedentemente incarcerati. Probabilmente, le vittime di questa prima brutale ondata di repressione furono 10-15 000.
L’uccisione dello zar e della famiglia imperiale
Il primo documento in cui si menziona esplicitamente il campo di concentramento come strumento di repressione risale al 4 giugno 1918. Lev Trockij, stretto collaboratore di Lenin durante la rivoluzione d’ottobre e comandante dell’Armata Rossa, ordinava che fossero internati in lager i soldati della Legione Cecoslovacca, che rifiutassero di arrendersi. Questi cecoslovacchi erano ex-prigionieri di guerra dell’esercito austro-ungarico catturati dall’esercito russo negli anni 1914-1916. Ad essi, il governo provvisorio sorto in Russia dopo la caduta dello zar (febbraio 1917) aveva offerto di combattere contro gli austriaci, in nome della comune fratellanza slava. Questi soldati, pertanto, avevano di nuovo ricevuto armi ed erano stati trasformati in un efficiente reparto militare di circa 35 000 uomini.
Saliti al potere, i bolscevichi non si fidarono di queste truppe e ne chiesero l’immediato disarmo. Chiunque non si fosse arreso immediatamente – ordinò Trockij, andava internato in lager. I cecoslovacchi rifiutarono di smobilitare, sfidarono il potere sovietico e divennero una pericolosa forza antibolscevica, che dalla Siberia marciò verso il Volga. Quando si avvicinarono alla città di Ekaterinburg, dove erano detenuti lo zar Nicola II e la sua famiglia, il Soviet regionale degli Urali ordinò la loro esecuzione, che ebbe luogo il 16 luglio 1918.