Il saggio di Gork'ij

Al suo ritorno dalle Solovki, Gor’kij compose un diario di viaggio, sulla sua esperienza alle Solovki. Non sappiamo con esattezza in che misura le affermazioni presenti in questo testo siano dovute a ingenuità, a calcolo cinico, o all’intervento della censura (Gor’kij disse una volta che neppure una frase era uscita indenne dall’intervento dei revisori). Resta che il saggio composto nel 1929 ebbe un peso determinante nell’indirizzare l’opinione pubblica europea, spesso incline a negare o minimizzare la gravità del fenomeno dei lager in URSS

[In alcune delle stanze ho visto] quattro o sei letti, ciascuno ornato di oggetti personali... Ci sono fiori sui davanzali. Non si ha l’impressione che la vita sia sottoposta a regole troppo rigide. E non somiglia affatto a una prigione, anzi sembra che le stanze siano abitate da prigionieri tratti in salvo da una nave naufragata. [...] Se una società europea cosiddetta colta osasse effettuare un esperimento come questa colonia, e se questo esperimento desse dei frutti come ha fatto il nostro, tale paese darebbe fiato a tutte le sue trombe per vantarsi dei propri successi.

(A. Applebaum, Gulag. Storia dei campi di concentramento sovietici, Milano, Mondadori, 2004, pp. 72-73. Traduzione di A. Dalla Fontana)

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