Le uccisioni nelle case coloniche trasformate in camere a gas

Nel 1942, le prime strutture omicide funzionanti a Birkenau furono due piccole case coloniche, ribattezzate Bunker 1 (chiamata anche casetta rossa) e Bunker 2 (la casetta bianca). La testimonianza seguente è dell’ex deportato Wieslaw Kieler, che lavorava nell’infermeria del campo e fu testimone, soprattutto, dell’eliminazione col fenolo di coloro che erano stati temporaneamente risparmiati, al fine di vuotare le camere dai cadaveri.

In primavera giunsero, sempre di notte, trasporti di ebrei che non venivano portati nel lager, ma in una casa colonica che si trovava nel boschetto di Birkenau. La casa era costruita in modo tale che vi si poteva uccidere un gran numero di persone che vi venivano condotte per mezzo di un binario secondario della stazione di Auschwitz.

Dopo che un trasporto era stato gassato in quella che sembrava un’innocua fattoria, un piccolo gruppo di ebrei giovani e forti, forse 20 uomini, lasciati in vita, dovevano prendere dalle camere a gas i cadaveri dei loro compagni di dolore e sotterrarli in una fossa scavata in un prato nelle immediate vicinanze della fattoria. Quando le tracce del crimine erano state cancellate, li si portava da noi, nell’infermeria, e li si metteva in fila davanti all’ambulatorio…

Agli ebrei veniva detto che gli sarebbero state somministrate iniezioni ricostituenti dopo il lavoro gravoso. Si trovavano in effetti nell’infermeria, non potevano avere sospetti. Klehr, in camice bianco, da medico, li riceveva uno alla volta nel suo ambulatorio, chiudendo premurosamente la porta dietro ogni paziente. Contemporaneamente, entravano Obojski e Teofil [due detenuti addetti al trasporto dei cadaveri – n.d.r.], mettevano il paziente addormentato sulla barella, lo coprivano con una coperta e lo portavano all’interno della baracca.

D.Czech, Kalendarium. Gli avvenimenti nel campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau 1939-1945, Milano, Mimesis, 2006, p. 133. Traduzione di G. Piccinini

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