Le ragioni della disfatta

Nell’autunno del 1939, al momento dello scoppio della guerra, Arthur Koestler si trovava in Francia. Pur essendo di nazionalità ungherese, fu arrestato per il fatto che era un noto giornalista antifascista. Koestler passò alcuni mesi nel campo di concentramento del Vernet (nel sud della Francia) vicino ai Pirenei, insieme a numerosi reduci delle Brigate Internazionali, che avevano combattutto in Spagna, e ad altri militanti antifascisti di svariate nazioni (tra cui l’italiano Leo Valiani). Il suo resoconto autobiografico Schiuma della terra (scritto in Inghilterra, nel 1941) è un durissimo atto d’accusa nei confronti della classe dirigente francese. Borghesi, militari e proprietari terrieri – dice Koestler – si erano trincerati dietro la linea Maginot, per non combattere contro il fascismo: la rivoluzione, la democrazia e le rivendicazioni operaie, ben più di Hitler o Mussolini, erano i loro veri nemici.

La Francia avrebbe potuto essere salvata? Accettando le spiegazioni della disfatta date dai patrioti di Vichy, la risposta era “no”. Secondo loro le ragioni stavano nella pigrizia e nella cupidigia della classe operaia e delle classi basse in generale – in altre parole del popolo francese; nel suo odio per l’autorità e nella sua preferenza per un regime democratico – in altre parole, nell’essenza stessa della sua tradizione storica. Nell’opinione del maresciallo Pétain, la battaglia della Francia era stata perduta nel 1789 con la presa della Bastiglia; e questo deplorevole avvenimento era una prova del carattere nazionale francese. Altre ragioni erano l’alcolismo, le denatalità e la disintegrazione della famiglia. Tutto questo naturalmente veniva ad essere una conferma della tesi tedesca della degenerazione della razza francese. Pigrizia, orgoglio, alcolismo, denatalità sono ritenuti i sintomi clinici della decadenza. [...]

La Francia poteva essere salvata? Sì, naturalmente. Soccombette non alla decadenza razziale ma a un fenomeno che potrebbe essere appropriato chiamare la “Psicosi della Muraglia Cinese”. La linea Maginot, come la Muraglia Cinese, era destinata a proteggere e a preservare una civiltà molto avanzata e stagnante contro l’intrusione dei barbari più vigorosi. Stagnante, perché nella seconda metà del secolo scorso [= dell’Ottocento; l’autore scrive nel 1941 – n.d.r.], nella corsa all’industrializzazione, era rimasta molto indietro rispetto a entrambi i suoi vicini, Germania e Inghilterra. Ed era rimasta indietro principalmente a causa delle ricchezze del suo suolo, che le consentivano di continuare ad essere un paese del Pane e del Vino, in un ambiente di Vapore e di Acciaio.

L’individualismo francese era una conseguenza di saturazione; il conservatorismo francese aveva le radici nella campagna, più particolarmente nell’agricoltore medio, la spina dorsale della nazione. Per questo era un conservatorismo essenzialmente provinciale, assai lontano da ogni aggressivo sentimento imperialistico. La Francia aveva delle colonie, ma non un impero. Pensava in termini di “Patrie”, un concetto che esprimeva l’amore tenace del contadino per la terra, e mancava completamente della mercantile coscienza imperialistica inglese. Il suo interesse principale era di preservare lo status quo; un giornalista tedesco aveva una volta descritto la Francia come un paese che procedeva felicemente su un carretto tirato da un mulo in mezzo alla febbrile corrente delle locomotive e delle automobili sulla strada maestra del destino europeo. Era questa lentezza idillica che rendeva la vita francese esternamente così attraente e internamente così stagnante. L’ultimo sforzo grandioso per preservare l’idillio dell’Ottocento in mezzo a un ventesimo secolo che non aveva nulla di idillico, fu la costruzione della Muraglia Cinese.

Con la stessa spesa e lo stesso sforzo la Francia avrebbe potuto preparare un esercito moderno, meccanizzato e tridimensionale [= dotato di un’aviazione poderosa ed efficiente – n.d.r.]. Perché non furono ascoltati gli avvertimenti di De Gaulle e di Reynaud, i quali dall’inizio degli anni Trenta in poi avevano denunciato che il sistema di fortificazione di linea era sorpassato e avevano proposto il sistema di unità altamente motorizzate, mobili, relativamente sufficienti a se stesse, e indipendenti, con una forza aerea superiore? La risposta superficiale è: perché l’arteriosclerotico Stato Maggiore francese non voleva essere seccato con nessuna idea nuova. Ma poterono farlo solo perché la Muraglia Cinese era veramente la proiezione del desiderio, profondamente sentito, della nazione di essere lasciata tranquilla. La concezione di De Gaulle di un esercito offensivo avrebbe potuto salvare la pace dando alla alleanza polacca e cèca un significato reale. Ma a quel punto la Francia non voleva più salvare la pace con nessuno sforzo costruttivo; voleva essere lasciata in pace; e questa sfumatura psicologica costituiva tutta la differenza, e in effetti sigillò il suo fato. [...]

Quando il Fronte Popolare andò al potere nel 1936, fu Blum che prese l’iniziativa del patto di non intervento, e firmò così la sentenza di morte dei suoi compagni in Spagna, perché gli si fece credere che aiutare il governo spagnolo avrebbe significato spingere la Germania alla guerra. La sinistra francese era più francese che a sinistra – e sacrificò la solidarietà della classe operaia al suo desiderio di restare “dietro la muraglia”.

Eppure l’episodio del Fronte Popolare, per quanto abortito, aveva dato una scossa mortale ai governanti di Francia, e provocato un cambiamento fondamentale nelle loro vedute. C’era una nuova minaccia per la loro sécurité, più pericolosa dei barbari esterni perché contro di essa non si poteva costruire una linea Maginot. Ma nello stesso tempo i barbari [= i tedeschi – n.d.r.] avevano cominciato a sviluppare idee veramente civilizzate: l’abolizione dei sindacati, lo scioglimento dei partiti di sinistra. L’unico difetto di Hitler era di essere tedesco. Altrimenti per gli interessi costituiti sarebbe stato una “garanzia di sicurezza” migliore di un turbolento popolo francese in armi. [...] Solo pochi arrivarono a proclamare apertamente, come fecero [...] le truppe per così dire d’assalto dell’alta finanza: “Meglio Hitler del Fronte Popolare”. Erano gli enfants terribles della destra, ma godevano della sua più o meno palese approvazione e protezione. Una minoranza di politici corrotti e una minoranza di ufficiali accecati dall’odio di classe diventarono la Quinta Colonna di Hitler durante la guerra. La maggioranza del milieu bien pensant, delle classi più alte, ne fu l’inconsapevole strumento. I partiti della destra non avevano ragione di odiare Hitler e quando furono costretti alla guerra non combatterono contro il fascismo, ma per il mantenimento dello status quo. Sapevano quello per cui combattevano, ma non quello contro cui stavano combattendo.

A.Koestler, Schiuma della terra, Bologna, Il Mulino, 2005, pp. 222-226. Traduzione di N. Conenna

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