La discriminazione degli ebrei francesi

Il governo Petain
Auschwitz, 2006. Le fondamenta del cosiddetto Bunker 2, la casa colonica adattata a camera a gas verso la fine di giugno del 1942.Travolta dalla guerra lampo tedesca, la Francia si arrese il 25 giugno 1940. Il paese uscì frastornato e confuso dalla clamorosa disfatta, del tutto incapace di comprendere le ragioni per cui il nuovo conflitto con la Germania l’aveva vista crollare d’improvviso, al primo urto del nemico. Fu dunque una Francia disperata quella in cui l’11 luglio il maresciallo Pétain (l’eroe di Verdun, nel 1916) assunse la guida della Repubblica, dopo che 569 deputati e senatori gli ebbero conferito poteri straordinari, che lo autorizzavano a stendere una nuova Costituzione.

I decreti costituzionali 1, 2 e 3 gli concessero l’autorità di prendere tutte le decisioni concernenti la sfera esecutiva e legislativa, eccetto le dichiarazioni di guerra, senza dover riferire all’Assemblea. In tal modo, la componente più conservatrice della società e della realtà politiche francesi approfittarono della presenza di un esercito straniero per affossare lo stato liberale, la democrazia e l’eredità stessa della grande Rivoluzione del 1789.

Tra i grandi principi rivoluzionari, un posto importantissimo occupava quello dell’uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge e allo Stato. Ma reazionari e conservatori, come aveva suo tempo mostrato l’affaire Dreyfus, all’inizio del Novecento, non avevano mai accettato l’idea dell’emancipazione civile degli ebrei. La nuova Francia parzialmente occupata dai nazisti, una volta stabilita a Vichy la propria capitale, si affrettò a cancellarla di propria iniziativa, senz’alcuna pressione da parte delle autorità del Terzo Reich.
L’antisemitismo di Vichy

Sulla base di quanto previsto da una legge emanata il 22 luglio 1940, un comitato speciale iniziò una sistematica revisione di tutte le naturalizzazioni concesse a partire dal 1927. Al termine dell’indagine, 17 000 persone, di cui 6000 erano ebrei, vennero private della nazionalità francese. E’ importante questo antefatto in quanto il regime di Vichy, al momento delle deportazioni, cercò almeno in parte di evitare la cattura degli ebrei francesi: di tutti gli ebrei deportati dalla Francia, 24 500 (il 32%) furono francesi, 56 500 (68%) stranieri.

Circa un mese dopo, la legge del 27 agosto 1940 abolì il decreto Marchandeau del 21 aprile 1939, che bandiva le pubblicazioni antisemite e puniva gli attacchi alla religione ebraica sulla stampa; la conseguenza di questa abrogazione fu la totale legalizzazione delle più violente manifestazioni di antisemitismo e di odio razziale.

Infine, il decreto del 3 ottobre 1940 escluse definitivamente gli ebrei dagli incarichi nella stampa, nel cinema e dai ranghi superiori dell’amministrazione pubblica. Gli ebrei furono banditi anche dagli impieghi e dagli incarichi pubblici, dalla polizia, dalle forze armate, dalla scuola e dalle industrie finanziate dallo Stato. Il 6 giugno 1942 furono respinti dai teatri, dai cinema e dai concerti vocali o strumentali. Il 21 giugno 1941 fu stabilita una quota del 3% sull’ammissione all’università. Poi, con una serie di decreti sempre in evoluzione, fu imposto il numero chiuso, quasi sempre del 2%, in tutte le professioni. Le più importanti erano quella di avvocato e di pubblico ufficiale (16 luglio 1941); di medico e di architetto (24 settembre 1941); di farmacista e levatrice (26 dicembre 1941); di dentista (5 giugno 1942) e di attore (6 giugno 1942). Di fatto, tra il giugno 1941 e il giugno 1942, gli ebrei furono esclusi in maniera più o meno radicale da quasi tutte le professioni.

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