La deportazione degli ebrei olandesi

Occupazione e rastrellamenti
Auschwitz, 2006. L’ingresso della nuova rampa ferroviaria di Auschwitz II-Birkenau, costruita nella primavera 1944, in previsione dell’arrivo degli ebrei ungheresi.Nel 1941, vivevano in Olanda circa 140 000 ebrei, 10 000 dei quali erano tedeschi, che avevano cercato rifugio nel paese tra il 1933 e il 1939. Quasi tutti gli ebrei residenti nei Paesi Bassi abitavano in grandi città: 80 000 ad Amsterdam, 29 000 a L’Aja e Rotterdam. Prima della guerra, la comunità ebraica olandese non era stata molto sensibile né verso la religione né verso il sionismo; inoltre era tutt’altro che omogenea dal punto di vista sociale: a un piccolo gruppo di borghesi decisamente ricchi, si contrapponeva una numerosa schiera di operai e piccoli commercianti al limite della povertà.

L’esercito tedesco invase il paese il 10 maggio 1940; a differenza di quanto era accaduto in Danimarca e in Belgio, i cui sovrani rimasero a guida dei loro paesi occupati dai nazisti, la regina olandese Guglielmina andò in esilio a Londra, insieme al governo. L’Olanda fu dunque amministrata dalla burocrazia ministeriale, che collaborò attivamente con le autorità naziste, guidate da Arthur Seyss-Inquart. La discriminazione degli ebrei olandesi iniziò nell’ottobre 1940, con il divieto della macellazione rituale, l’espulsione dei dipendenti non ariani dagli uffici pubblici, la confisca degli apparecchi radiofonici e il divieto di ingresso negli alberghi e nei ristoranti. Nel gennaio 1941, tutti gli ebrei furono accuratamente censiti e schedati; nell’aprile 1942, infine, venne imposto il contrassegno sugli abiti.

Le deportazioni sistematiche iniziarono nell’estate del 1942; prima di quella data, si ebbero tuttavia sporadici rastrellamenti di alcune centinaia di ebrei, inviati a Mauthausen (e lì, poi, uccisi in modo selvaggio e brutale). La partenza dei primi treni venne fissata per il 14 luglio 1942; tre giorni dopo, il 17 luglio, giunsero ad Auschwitz circa 2000 ebrei, 449 dei quali furono subito eliminati.
Il campo di Westerbork

Dall’Olanda, in totale, i nazisti riuscirono a deportare verso Est circa 107 000 ebrei; i superstiti furono appena 5450. In un primo tempo, servendosi del censimento e della schedatura del gennaio 1941, i tedeschi convocavano quanti erano stati scelti per la deportazione, sperando che le persone si presentassero spontaneamente; in un secondo tempo, procedettero a sistematici rastrellamenti nei vari quartieri. Prima della partenza per l’Est, coloro che erano destinati alla deportazione venivano temporaneamente concentrati nel campo di transito di Westerbork, nell’Olanda orientale.

Nella primavera 1943, i tedeschi portarono l’affondo finale: nel corso dei rastrellamenti del 26 maggio e del 20 giugno, furono catturate rispettivamente 3000 e 5700 persone. Infine, il 29 settembre (capodanno ebraico) furono arrestati gli ultimi 10 000 ebrei, compreso il Consiglio ebraico. Si trattò dell’ultimo grande rastrellamento; nell’ultimo anno di guerra, sarebbero stati arrestati solo famiglie singoli o individui, scovati in nascondigli o rifugiatisi presso olandesi disposti a proteggerli.

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