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Parigi, Drancy e Auschwitz
Charles Liblau nacque in Polonia e si iscrisse giovanissimo al partito comunista polacco. Partecipò alla guerra civile spagnola e poi rimase in Francia dopo la sconfitta degli antifascisti. Fu catturato dai tedeschi nel 1942 e inviato ad Auschwitz, ove rimase fino all’evacuazione del campo, nel gennaio 1945. La sua lunghissima permanenza in lager sfiora il miracoloso e si spiega con un insieme di fattori: la sua perfetta conoscenza di molte lingue (tedesco, polacco yiddish, francese) finiva per renderlo prezioso, in una babele linguistica come quella di Auschwitz. Inoltre, la sua fede politica gli permise da una parte di evitare a volte gli incarichi lavorativi più duri, e dall’altra di affrontare con coraggio ed energia le difficoltà della vita in lager. Al suo arrivo, tuttavia, Liblau ebbe una terribile sorpresa: tra i Kapos più violenti e brutali, infatti, trovò Berger, un comunista polacco che era stato fino a poco tempo prima suo compagno di partito.
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Auschwitz, 2006. Monumento commemorativo sulla Judenrampe, promosso dal governo francese per ricordare gli ebrei deportati dalla Francia e dagli altri paesi europei.

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