La rivolta del Sonderkommando
I Crematori IV e V
Dopo l’eliminazione di circa 200 uomini il 23 settembre 1944, il Sonderkommando di Auschwitz comprendeva, all’inizio di ottobre, 663 detenuti, 169 dei quali lavoravano al Crematorio IV (84 di giorno e 85 di notte). Il timore diffuso tra quanti erano scampati alla brutale selezione di settembre era che i nazisti procedessero ad un’ulteriore decimazione della squadra speciale.
La rivolta
Un gruppo di quattro ebree polacche, che lavoravano alla fabbrica di munizioni Union, era riuscito a far passare agli uomini del Sonderkommando un po’ di esplosivo, con cui erano state preparate delle rudimentali granate. Nelle sue memorie Miklós Nyiszli afferma che erano arrivati all’interno del lager anche cinque mitra, ma nessun’altra fonte conferma questa informazione, che dunque – quasi sicuramente – è errata. A mezzogiorno del 7 ottobre, mentre nel Crematorio IV si teneva una riunione del gruppo dirigente, che aveva deciso di tentare una rivolta, entrò un detenuto tedesco (un criminale comune), che minacciò di denunciare il complotto alle SS; venne ucciso sul posto. La notizia, comunque, pare fosse già nota ai nazisti, che intorno alle 13,30 cominciarono ad affluire intorno al crematorio.
Guidati, tra gli altri, da Salmen Gradowski, gli uomini del Sonderkommando riuscirono a danneggiare in modo irreparabile i forni del Crematorio IV. Le esplosioni e gli spari spinsero all’azione anche alcuni uomini del Crematorio II, mentre quelli delle altre due strutture (III e V) furono bloccati dall’intervento delle SS, prima di poter compiere qualsiasi gesto ostile.
Un gruppo di 250 detenuti riuscì a fuggire e a raggiungere il vicino villaggio di Rajsko, dove furono uccisi in un granaio, dato alle fiamme dai tedeschi; altri 200 uomini furono fucilati. Tra le SS, vi furono tre morti e una dozzina di feriti.
Infine, il 26 novembre 1944, venne effettuata un’ulteriore selezione tra gli ultimi 200 membri del Sonderkommando superstiti: circa un centinaio fu fucilato nel bosco vicino al campo di Birkenau.