Il dottor Josef Mengele
Un ricercatore nel lager

Selezioni ed esperimenti
Mengele arrivò ad Auschwitz il 30 maggio 1943. Aveva 32 anni e poteva vantare due decorazioni militari (Croce di ferro di prima e di seconda classe), nonché il grado di capitano delle SS (Hauptsturmführer). Uno dei principali compiti che subito si assunse fu quello delle selezioni sulla banchina ferroviaria (dapprima sulla Judenrampe, poi, dal maggio 1944, sulla nuova diramazione che entrava all’interno di Birkenau). Numerose testimonianze lo descrivono come elegante e disinvolto, mentre svolgeva questa funzione fondamentale, che decideva della vita o della morte dei deportati. Mengele fu presente molto spesso sulla banchina ferroviaria, anche quando non era il suo turno di servizio. La sua preoccupazione era quella di evitare che, per errore, fossero inviati alle camere a gas dei gemelli, che il medico riservava a sé, per le proprie ricerche. Tali studi erano condotti nell’ospedale di Birkenau, che occupava un settore denominato B IIf. I gemelli, per lo più bambini (circa 250, solo tra gli ebrei ungheresi, nell’estate 1944) erano studiati seguendo procedure estremamente meticolose. Ogni parte del loro corpo era misurata in modo preciso e puntuale; al termine di queste minuziose osservazioni, in genere erano uccisi assieme, e i loro cadaveri comparati con autopsie altrettanto precise e dettagliate.
Numerosi gemelli vennero prelevati anche dal campo degli zingari; i bambini gitani, inoltre, furono studiati pure per il fatto che presentavano frequentemente una rara malattia chiamata noma (una forma cancerosa delle guance, determinata dalle carenze alimentari) e fenomeni di eterocromia dell’iride (situazione in cui i due occhi della persona hanno colori diversi). Mengele studiò con attenzione anche i nani, che in genere erano inviati alle camera a gas dopo due settimane di rilievi.
L’ideologia nazista e la logica di Auschwitz trovarono in Mengele la loro manifestazione più evidente. Quello che maggiormente colpì i medici ebrei costretti a collaborare con lui fu il suo totale distacco emotivo, la sua assoluta mancanza di empatia e di immedesimazione con i soggetti delle sue ricerche, trattati sempre e solo come animali da laboratorio, mai da esseri umani.