Una selezione, all'interno del Sonderkommando

Salmen Gradowski descrive in questo testo - che ha intitolato La separazione - una selezione operata dai nazisti all’interno del Sonderkommando il 24 febbraio 1944. Circa 200 uomini furono chiamati, trasferiti a Majdanek e infine uccisi. Il testo di Gradowski (preceduto da un accorato appello al lettore, affinché si sforzi di capire, prima di giudicare) analizza con estrema raffinatezza i meccanismi psicologici che entravano in gioco ad Auschwitz, anche nel gruppo del Sonderkommando: di fronte alla prospettiva della sopravvivenza personale, l’iniziale sentimento di solidarietà collettiva dapprima si incrina e poi si dissolve: volente o nolente, consciamente o inconsciamente, ognuno pensa solo a se stesso. Il manoscritto fu steso nel 1944, nascosto dall’autore (morto in ottobre) e scoperto nel 1945.

Caro lettore!

Dedico questo lavoro ai compagni, ai cari fratelli, da cui improvvisamente siamo stati separati. Chissà in quale luogo sono stati mandati! Abbiamo un terribile presentimento, perché li conosciamo sin troppo bene quelli. Dedico queste righe, in segno del mio affetto e della mia affezione, a loro.

Caro lettore, se un giorno vorrai capire, vorrai conoscere il nostro io profondo, medita bene su queste righe, potrai farti un’immagine di noi laggiù - e comprenderai anche perché eravamo così e non altrimenti.

Dedico queste righe anche a questo tuo proposito, che tu possa, almeno in parte, apprendere come sono stati sterminati i figli del nostro popolo. E che tu possa chiedere vendetta per loro e per noi, perché, chissà se noi, che abbiamo tra le mani le prove reali di tutte queste atrocità, noi potremo sopravvivere sino al momento della liberazione. Per questo motivo desidero, attraverso il mio scritto, risvegliare in te un sentimento, spargere una scintilla di vendetta, e che essa possa prendere fuoco, infiammare tutti i cuori, e che possano annegare in un oceano di sangue coloro che hanno annegato il mio popolo in un mare di sangue. […]

È risuonato un suono di fischietto non appena i camerati sono rientrati dopo l’appello e si è elevato sopra il baccano, il chiasso e la confusione che si era creata nel blocco. Non era la prima volta che un colpo di fischietto ci richiamava fuori dal blocco per un secondo appello, con un pretesto o un altro. Ma questa volta il colpo di fischietto è piombato come un uragano e ci ha sconquassato il cuore. Immediatamente si è fatto strada un pensiero nelle nostre menti. […] Condividiamo lo stesso dubbio. Tutti proviamo la stessa angoscia. Tutti come fossimo uno, la stessa paura, lo stesso tremore. Tutti in attesa dei minuti a venire. In questo istante abbiamo avvertito che 15 mesi di vita in comune, di questo lavoro tragico, orribile, spaventoso, ci hanno uniti, fusi in un gruppo compatto di compagni, una famiglia di fratelli inseparabili, indivisibili. E così noi resteremo sino all’ultimo. Tutti per uno e uno per tutti. Ciascuno avverte nel cuore e nell’animo lo stesso affanno, lo stesso sconforto. Ciascuno immagina già le sofferenze che verranno. Anche se non sa esattamente in cosa consisteranno, ciascuno presagisce che qualche cosa dovrà succedere, e ogni novità , noi lo sappiamo, significa il trapasso dalla vita alla morte.

Non ci vuole molto perché la situazione si chiarisca. Il Rapport-schreiber inizia a leggere i numeri dei compagni che oggi non sono stati iscritti al lavoro. È sorprendente notare come, nel corso dell’appello, lo stato d’animo muti, la tensione generale cali. La paura collettiva lascia il posto alla paura individuale. A poco a poco il comune timore abbandona quelli sicuri che il loro numero non verrà più chiamato. A poco a poco si è sciolto il nodo che ci teneva legati. Il legame fraterno si è spezzato. E si è mostrata tutta la debolezza, la fragilità di quell’essere umano chiamato uomo. L’istinto di sopravvivenza, che ciascuno cova nell’intimo, si è rivelato un oppio, che lentamente, senza essere avvertito o visto, ha preso possesso dell’individuo, del compagno, del fratello, e ha soppiantato la paura , l’inquietudine. “Tu no - non ti riguarda, puoi stare tranquillo, per il momento chiamano un altro”. - E tu, dimentichi che l’altro è tuo fratello, tua moglie, tuo figlio, i tuoi genitori, quanto resta al mondo della tua famiglia. E stordito da quest’oppio, il fratello di poco fa ha dimenticato in fretta che, quando si tagliano i corpi, allora non si ha nemmeno più bisogno della tua vita. La speranza e la certezza che “per il momento” si chiama un numero che non è il suo, gli ha ridato fiducia, un nuovo coraggio, ha suscitato in lui un sentimento d’estraneità - in luogo dell’affetto di prima. Ogni nuovo numero chiamato si è trasformato, silenziosamente, in una carica di dinamite, che ha fatto saltare i ponti che ci tenevano uniti.

S. Gradowski, Sonderkommando. Diario da un crematorio di Auschwitz, 1944, Venezia, Marsilio, 2002, pp. 155-159. Traduzione di A. Schaumann Wolkowicz

Azioni sul documento