Il Difensore civico scrive ai bambini di Tanti ponti

10.05.2013

Il Difensore civico scrive ai bambini di Tanti ponti

C’è anche il Difensore civico della Regione Emilia-Romagna tra gli invitati alla Festa dell’Intercultura che si terrà a Ferrara dal 14 al 16 maggio. Tre giorni di confronti, musica, laboratori… per fare il punto sui progetti interculturali nella città e nelle scuole ferraresi.

La sua presenza è legata al progetto “Tanti ponti”, attivo già da alcuni anni presso l’Istituto Comprensivo “C. Govoni” di Ferrara, vincitore del Premio Buone Pratiche di Educazione alla Sicurezza e alla Salute “Vito Scafidi” istituito dall’associazione Cittadinanza Attiva.

Il video conclusivo “Tanti Ponti. Una scuola diversa per rendere unici” (un estratto a questo link) verrà proiettato martedì 14 maggio alle 18 presso la Sala della Musica, nel Chiostro di S. Paolo (via Boccaleone, 19 Ferrara) e sarà seguito da un dibattito moderato appunto da Daniele Lugli.

 

Di seguito la lettera del Difensore civico regionale ai bambini dei Tanti ponti.

 

Che bella cosa avete fatto. Ve l’hanno già detto. Vi hanno anche premiato. Ve lo dico anch’io. È da qui che si parte. È così che si fa. Avete fatto una cosa importante con i vostri insegnanti, con i mediatori, con quanti hanno collaborato con voi.

Ricordate a tutti, a partire dai vostri familiari, genitori e nonni, l’importanza della scuola. Calamandrei, uno studioso importante che ha scritto con altri la nostra Costituzione, diceva che la scuola è un potere dello Stato, come il parlamento, il governo, i giudici. Forse è il più importante perché aperto al nuovo. Non bisognerebbe dimenticarlo.

Io a scuola ci vengo sempre volentieri, dalla materna all’università, alle serali e per adulti. Non si finisce mai di imparare e la scuola, se ci si impegna, è un posto adatto. Anche insegnare, lo sanno le vere maestre e maestri, è un buon modo di imparare. Ora che faccio il Difensore civico della Regione, mi sembra che difendere i diritti e farli crescere non possa che partire dalla scuola. È qui che bravi insegnanti vi insegnano a stare assieme, leggere, scrivere e far di conto (cose importanti) e vi aiutano a tirar fuori e a migliorare tutte le cose che sapete fare e a provarne di nuove (cosa altrettanto se non più importante). Fanno anche qualcosa di più.

Un altro studioso, che mi azzardo a chiamare amico, Aldo Capitini la chiamava Educazione profetica. Vedono cioè che la realtà, tutto quello che abbiamo attorno non aiuta a farci crescere tutti e bene assieme. Non ci aiuta a diventare il meglio che possiamo essere. Ma nella scuola si può sperimentare, toccare con mano, che è possibile fare meglio, che c’è un’altra realtà possibile. Si può vederla all’opera proprio in voi quando studiate assieme, quando giocate assieme, quando vi scambiate le vostre idee tra voi e con i grandi. È quello che Capitini, pensatelo come un nonno affettuoso, chiamava il fanciullo nella liberazione dell’uomo. Cioè i ponti che avete costruito con la vostra attività sono ponti per tutti. Dobbiamo usarli tutti.

Sarebbe bene che nelle scuole, si leggesse e discutesse e approfondisse un bello scritto di Alex Langer. L’ho conosciuto, era più giovane di me, ma è morto da quasi venti anni. In dieci punti - l’ha chiamato tentativo di decalogo - ha consigliato come fare per vivere meglio assieme, tra persone che vengono da luoghi molto diversi, da tradizioni differenti. Voi quei consigli li avete messi in pratica. Avete mostrato come proprio la composizione molto mista possa costituire una bella occasione per crescere meglio tutti. Non è non solo una difficoltà per insegnare e imparare, se insegnanti e mediatori si impegnano con voi.

Anche quelli che fanno le leggi dovrebbero studiare il decalogo di Langer. Invece fanno leggi, sempre più cattive sull’immigrazione. Fare bene le cose non è facile, ma con lo studio e l’impegno si può. L’Italia era un paese di emigranti, di molti emigranti. Anche il nostro Papa è figlio di emigrati in Argentina. Solo dal 1980 le persone immigrate sono di più delle emigrate. Sono passati più di trenta anni. Le cose sono cambiate. Si poteva fare meglio. Bastava dare ascolto a Capitini. Pochi mesi prima di morire, era il 1968, e ancora gli immigrati erano pochi, pochi, ha scritto di moltitudini di donne, giovinetti, folle del Terzo Mondo, che entrano nel meglio della civiltà, che è l’apertura amorevole alla liberazione di tutti. E allora perché essere così esclusivi (razzisti) verso altre genti? Ormai non è meglio insegnare, sì, l’affetto per la propria terra dove si nasce, ma anche tener pronte strutture e mezzi per accogliere fraternamente altri, se si presenta questo fatto? La nonviolenza è un’altra atmosfera per tutte le cose e un’altra attenzione per le persone e per ciò che possono diventare.

Quello che avete fatto ha a che fare proprio con la nonviolenza, che vuol dire essere contenti che altri, anche diversi da noi, siano vivi, siano liberi e crescano con noi imparando e facendo tante cose nuove. Nonno Aldo Capitini ne sarebbe stato soddisfatto e anche Alex Langer, certamente.