L’allontanamento dalla famiglia in Emilia-Romagna

15.05.2014

L’allontanamento dalla famiglia in Emilia-Romagna

Ha quasi sempre più di 13 annni, è più spesso una ragazza, ha problemi di comportamento e di socializzazione, è vittima principalmente di trascuratezza anche se non mancano i casi di violenza fisica e psicologica, anche se per fortuna quasi mai sessuali: è questi il profilo del minore allontanato dalla famiglia in Emilia-Romagna, come emerge da una ricerca qualitativa, presentata lunedì 12 maggio, sull’appropriatezza degli allontanamenti dei minori dalle famiglie nei casi di maltrattamento.

 

La ricerca che ha coinvolto 68 servizi socio-sanitari territoriali e 19 responsabili di comunità all’interno del territorio regionale è stata promossa dal Garante regionale per l’infanzia e l’adolescenza Luigi Fadiga e realizzata in collaborazione con il Cismai (Coordinamento Italiano dei Servizi contro il Maltrattamento e l'Abuso dell'Infanzia) dell’Emilia-Romagna allo scopo di aprire una riflessione sugli strumenti utilizzati per contrastare il fenomeno del maltrattamento sui minori.

 

La presentazione, avvenuta a cura di Nadia Tarroni, Monica Benati, Cinzia Pagnoni, Maria Teresa Pedrocco Biancardi e Gloria Soavi – curatrici della ricerca e componenti del Cismai - ha messo in evidenza che in Emilia-Romagna l’allontanamento dalla famiglia di origine e il conseguente collocamento in comunità, come rileva la ricerca, riguarda, per la maggioranza dei casi, minori di età superiore ai 13 anni con una prevalenza del sesso femminile.

Si tratta di minori che hanno subito una qualche forma di maltrattamento. Le tipologie prevalenti risultano essere: grave incuria e trascuratezza che si collocano al primo posto, seguiti da maltrattamento psicologico e/o fisico, decisamente poco diffuso risulta l’abuso sessuale. Al momento dell’ingresso in comunità tutti i minori presentano problemi di comportamento, di relazione, di socializzazione e, seppure in misura inferiore, disturbi alimentari. Per ognuno dei minori allontanati esiste un progetto finalizzato al superamento del trauma subito. Nella maggior parate dei casi si tratta di un progetto educativo individualizzato, meno diffuso il progetto di sostegno psicologico e un progetto quadro dei Servizi che preveda anche il recupero della famiglia. Le uscite dalla comunità sono nel 40% dei casi analizzati determinate dal rientro in famiglia e in percentuale leggermente inferiore dal raggiungimento della maggiore età.

 

Luigi Fadiga, nel suo intervento, ha evidenziato la necessità di tutelare i minori da situazioni di maltrattamento agendo anche sull’individuazione anticipata del fenomeno per poter scongiurare là dove possibile la misura dell’allontanamento che non è solo allontanamento dalla cerchia famigliare ma anche dal contesto ambientale ed amicale nel quale il ragazzo ha vissuto fino a quel momento. Vi è quindi – ha continuato il Garante – una difficoltà etica di fronte a situazioni di pregiudizio perché si è consapevoli che la misura di tutela che si andrà ad adottare provocherà comunque un trauma nel minore. Sicuramente né la norma da un lato, perché stratificata nel tempo e mancante di una vera distinzione tra interventi sociali e giurisdizionali, né il sistema di protezione dell’infanzia dall’altra, perché sminuzzato e sperperato in una miriade di soggetti, consentono l’immediata individuazione dei responsabili deputati ad intervenire. Ciò nonostante, i risultati della ricerca dimostrano come in Emilia-Romagna tutti gli allontanamenti effettuati siano stati appropriati.

 

La ricerca in esame si colloca in un più ampio percorso di indagine che analizzando temi come l’affidamento al servizio sociale piuttosto che i flussi di presenza all’interno delle comunità (in collaborazione con la Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Bologna) si pone l’obiettivo di fornire un quadro il più possibile esaustivo della situazione dell’infanzia e dell’adolescenza in Emilia-Romagna.

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