"In Val D'Enza 13 casi di abusi, ma no a etichette"

12.03.2015

In Val D'Enza sono 13 i minorenni, di cui 12 italiani e uno di nazionalità straniera, vittime di violenza, "ma l'errore più grave sarebbe etichettare l'area, perché il fenomeno non è certo circoscritto, nel reggiano semmai c'è stato il coraggio di denunciare e intervenire" e ciò si deve anche "alla tempestività dei servizi sociali del territorio, che si sono attivati con l'autorità giudiziaria".

Luigi Fadiga, Garante per l'infanzia e l'adolescenza dell'Emilia-Romagna, è stato ascoltato oggi in audizione in commissione Parità e diritti, presieduta da Roberta Mori, sui casi di abusi sui minori in Val D'Enza, in provincia di Reggio Emilia. Insieme a lui, il sindaco di Bibbiano, e assessore con delega alle Politiche sociali nell'Unione dei Comuni della Val D'Enza, Andrea Carletti, gli operatori dei servizi sociali del territorio e il professor Massimo Masi, responsabile del gruppo di lavoro regionale per le linee guida contro i maltrattamenti sui minori. Proprio Masi ha fatto proprio, e rilanciato, l'allarme di Fadiga sull'emersione del fenomeno: "Una stima probabile è che emerga solo un caso su cinque di violenza sui minori in Emilia-Romagna".

Come riferisce il Garante, "nel 2014 il mio Ufficio ha affrontato 202 pratiche, e a fronte di 68 bambini o ragazzi la cui vicenda è stata portata alla nostra attenzione dall’autorità giudiziaria, sono state solo tre le volte in cui a muoversi è stata la scuola, che pure è l'ambiente che più i minori frequentano: c’è un grosso problema di autoreferenzialità, pur in buona fede gli insegnanti sono convinti di poter dare risposte da soli ai problemi, ma ciò è impossibile per chiunque”. Inoltre, continua Fadiga, “serve rafforzare la ‘rete’, a partire dalla interazione tra servizi sociali e aziende sanitarie”, e poi bisognerebbe “verificare l’ottimizzazione della collocazione dei Centri dei servizi”.

La prima volontà delle amministrazioni del territorio è “capire quali possano essere gli strumenti utili per migliorare la risposta a questi fenomeni da parte di una comunità che è rimasta sicuramente colpita, anche perchè è inutile negare che ci sia il rischio di vedere una intera zona etichettata- spiega Carletti-, quando invece, come sottolineato anche dal Garante, si sono rivelate decisive proprio la consapevolezza e il coraggio di parlare tra tutti i soggetti coinvolti”. Secondo la dottoressa Federica Anghinolfi, responsabile dei servizi sociali dell’Unione dei Comuni della Val D’Enza, “è stato molto importante non solo l’attività del ‘gruppo di emergenza’, che si è attivato a partire da una segnalazione proveniente in questo caso da una scuola e nel giro di una giornata aveva già portata la vicenda all’attenzione della giustizia, ma anche la volontà di proseguire l’ascolto, non sempre facile, delle giovani vittime anche dopo aver raccolto un numero apparentemente sufficiente di informazioni”. Proprio per continuare questo percorso, propongono dalla Val D’Enza, “viste le competenze acquisite nell’ultimo anno affrontando questa vicenda vorremo creare sul territorio un Centro specialistico sul trattamento dei minori vittimi di violenza insieme all’Ausl di Reggio Emilia”.

Gabriele Delmonte (Ln) sottolinea come la vicenda sia la prova che “se le vittime non si sentono sole è più facile far emergere gli abusi e le violenza. Il cambiamento negli anni dei servizi sociali, passati dall’assistenzialismo economico a un approfondimento con la persona, è stato sicuramente positivo ed efficace”. Secondo il consigliere, “è importante anche che venga conosciuta di più, sia dalle amministrazioni che dai cittadini, la figura del Garante regionale”.

Per Barbara Lori (Pd) “purtroppo per anni i servizi sociali hanno lavorato soprattutto per gli anziani, e in molte realtà vedo ancora un quadro un po’ grigio, per fortuna molti Comuni stanno riassumendo la piena responsabilità sui servizi dalle Asl, è l’occasione per portare l’attenzione su buone pratiche condivise”.

Francesca Marchetti (Pd) ha sollevato il problema di come “la paura di cosa succederà dopo la segnalazione, procedimenti disciplinari o anche legali, ferma spesso gli insegnanti, oltre alla poca chiarezza su come, quando o dove segnalare. Abbiamo bisogno di dare gli strumenti adatti alla scuola per fare la sua parte, ci sono diverse soluzioni con cui ragionare insieme all’Ufficio scolastico regionale”.

Secondo Silvia Prodi (Pd), “dobbiamo realizzare che dover ricorrere alla segnalazione da parte della scuola è già un fallimento, servirebbe al contrario una attività di prevenzione ma l’approccio è troppo scomposto, decide il Consiglio di istituto arbitrariamente e in genere finisce per rivolgersi agli stessi genitori per la raccolta fondi”.

Yuri Torri (Sel) invita l’ente a “intervenire per mettere a sistema l’esperienza sviluppata in Val D’Enza in questo anno e a formalizzare dei protocolli: tutti devono capire che l’emersione è sempre positiva perchè permette di affrontare il problema”.

Per Nadia Rossi (Pd) “è importante arrivare anche agli amministratori locali, che non conosco affatto la figura del Garante e spesso si rivolgono alla magistratura”. Inoltre, “bisognerebbe pensare anche a un modo per arrivare, attraverso i social media, direttamente ai ragazzi della fascia di età 14-18”, conclude la consigliera.

“Anche davanti a un tema delicatissimo come quello trattato oggi dell’abuso di minori si riscontra una forte capacità di emersione di questi fenomeni odiosi- sottolinea in chiusura la presidente della commissione, Mori-, a cui deve seguire però, come richiesta dalle stesse istituzioni locali, anche un percorso di accompagnamento che permetta di risolvere ferite profonde che altrimenti porterebbe inevitabilmente a degli adulti compromessi”. Mori annuncia a proposito l’intenzione di promuovere in Val D’Enza un incontro pubblico della commissione, per ascoltare il territorio e condividere azioni di sistema.

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