"Giornali, bambini e cassonetti"

23.01.2013

Ha ragione, Marilisa Martelli, quando, sul quotidiano Repubblica del 22 gennaio, ci parla della “piccola bimba forte” e ci invita a leggere e a interpretare quel pianto e quelle storie di dolore e di sofferenza, così vicine a noi eppure così lontane. E ha ragione quando ci ricorda che solo col pianto un neonato riesce a farsi sentire, che più forte è il pianto più facile è per lui salvarsi, e che dobbiamo tutti – cittadini e istituzioni – acuire i nostri sensori per dare aiuto a chi non sa o non può chiederlo esplicitamente, e prima che la tragedia avvenga.

Ma altre cose forse ci dice il pianto di quella bambina. Prima di tutto, con quel pianto lei ci chiede che la sua vicenda umana non sia più del necessario spettacolarizzata o strumentalizzata. Anche un neonato, secondo la Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti del Fanciullo, ha diritto al rispetto della vita privata e della privacy. E se certamente è legittimo e doveroso riportare la notizia, perché tutti sappiano quali drammi accadono tra noi e perché ci sentiamo stimolati a prevenirli, non lo è altrettanto dare particolari superflui che rischiano di farle danno, come dirne il nome o peggio rivelare il luogo in cui è ospitata e curata.

Poi, quel pianto ci prega di non scatenare la caccia alla madre. Le sue ricerche spettano alla polizia e la valutazione del suo gesto alla magistratura. Una condanna a priori sulla spinta emotiva non spetta a noi, che non sappiamo le ragioni del suo gesto e neanche possiamo immaginare il dramma che ha vissuto. Mentre una cosa è certa: quel piccolo margine di ripensamento che la donna poteva o potrebbe avere, rischia di essere soffocato dalla paura delle minacciate sanzioni. Ancora ci dice, quel pianto, che la bimba ha diritto a crescere in una famiglia: la cui scelta spetta alla magistratura minorile, come previsto da un’ottima legge che permette di farlo in tempi molto rapidi, dato l’alto numero di aspiranti genitori da tempo in attesa.

E infine ci dice che non sarà la tecnologia a risolvere o ridurre simili drammi in futuro, ma solo una costante, capillare, chiara, multilingue informazione che la gestante anche straniera, anche non residente, anche senza permesso di soggiorno, anche clandestina, ha diritto di partorire in pieno anonimato in ospedale, e ha prima ancora diritto di conoscere i suoi diritti, fra cui quello di essere aiutata a decidere liberamente e consapevolmente se riconoscere il bambino come figlio; quello di ricevere supporto socio assistenziale per accudirlo ed allevarlo; quello di permettergli invece di essere rapidamente affidato per adozione a una valida famiglia scelta dal giudice con le procedure di legge.


Luigi Fadiga, Garante regionale dei minori dell'Emilia-Romagna

 

La normativa di riferimento

 

 


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