Diritti, doveri, solidarietà

13.01.2015

Diritti, doveri, solidarietà

Non si può dare rieducazione delle persone senza passare attraverso il loro patrimonio culturale e religioso, e siccome lo scopo del carcere dovrebbe essere quello di rieducare chi ha commesso reati e restituire alla collettività una persona diversa, appare necessario che il carcere diventi un luogo in cui si educa ai diritti e alla responsabilità: a ricordarlo, in giorni in cui il dibattito sulle religioni in carcere - e sull’Islam in particolare - è al centro della cronaca dopo i tragici eventi di Parigi, è la Garante delle persone private della libertà personaledella Regione Emilia-Romagna, Desi Bruno, il cui Ufficio figura tra i promotori dell’iniziativa Diritti, doveri, solidarietà, un progetto educativo dedicato ai detenuti musulmani con l'intento di fare leva sul loro patrimonio linguistico, religioso e culturale.  

 

La rieducazione di un uomo che ha violato la legge - è il messaggio che vuole lanciare l’iniziativa dell’islamologo Ignazio De Francesco - passa infatti anche attraverso i valori più alti delle sue tradizioni, le quali hanno su di lui una presa e un’attrazione incomparabilmente maggiori rispetto ai messaggi provenienti da altre culture. Articolato in 24 lezioni, il percorso coinvolge tutti i detenuti musulmani ristretti presso il carcere Dozza di Bologna iscritti ai corsi scolastici e ha preso avvio il 5 novembre scorso per terminare a maggio 2015. “Diritti, doveri, solidarietà” è stata promossa dal Cpia, Centro per l’istruzione degli adulti metropolitano di Bologna, e nasce dalla collaborazione tra Garante delle persone private della libertà personale della Regione Emilia-Romagna, i responsabili e i docenti dei corsi scolastici istituiti presso l’istituto penale bolognese, l’Istituzione per l’inclusione sociale e comunitaria “Don Paolo Serra Zanetti” e la Conferenza regionale del volontariato e della giustizia. Oltre ad esperti a vario titolo, da giuristi a costituzionalisti passando per mediatori linguistici, agli incontri sarà presente il regista Marco Santarelli, autore di Milleunanotte, il documentario girato proprio dentro carcere bolognese nel 2012: Santarelli si è infatti reso disponibile a riprendere le lezioni e a realizzare un documentario che racconti il lungo percorso degli studenti/detenuti.

 

Nonostante la recente, notevole diminuzione in valori assoluti, nelle dodici strutture penitenziarie dell'Emilia-Romagna circa il 46% dei detenuti è straniero (1.352 su 2.916). A livello nazionale, delle 54mila persone in carcere, il 32% è rappresentato da detenuti stranieri, circa 17mila, con una larga rappresentanza di musulmani: per questo motivo al tema dei patrimoni culturali la Garante Bruno ha dedicato anche le iniziative in occasione del 10 dicembre, anniversario della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. In particolare si è voluta porre la questione di come garantire il diritto a vedere riconosciute le rispettive identità, allo scopo di rafforzare la convivenza tra culture e religioni diverse: a Bologna ad esempio si è svolta una “lezione aperta” tenuta dal professor Giuseppe Cecere davanti a un centinaio tra detenuti e volontari, sulle Costituzioni arabo-islamiche.

 

Ogni anno allora, il 10 dicembre, la Conferenza Regionale Volontariato e Giustizia e l’ufficio della Garante ricordano la Giornata internazionale sui diritti umani con una serie di iniziative promosse in simultanea in tutte le sedi di reclusione della regione: nel 2014 la Conferenza ha voluto accendere un riflettore sul diritto che le persone detenute hanno a mantenere i tratti fondanti della loro cultura di origine ed esplorare e riconoscere, in particolare, il diritto religioso, il diritto a poter esprimere il proprio culto e ad avere l’assistenza religiosa. Il diritto dei detenuti e degli internati di professare la propria fede, di “istruirsi” nella propria religione, di praticarne il culto è riconosciuto anche dall'Ordinamento penitenziario (art. 26) ma rischia di passare come diritto di 'serie B', un diritto di minor conto e importanza rispetto ad altri. Si tratta invece di un diritto che può aiutare una pacifica convivenza tra le culture che può solo contribuire a migliorare la qualità complessiva della vita in carcere. L'obiettivo di quest'anno è quindi quello di accrescere conoscenze, responsabilità, pratiche facendo leva proprio sul patrimonio linguistico, religioso, culturale delle persone recluse.

 

 

 

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