Antisemitismo in Europa: la banalità di un male ancora diffuso

18.12.2013

Antisemitismo in Europa: la banalità di un male ancora diffuso

Il report – Nel 1963 quando Hannah Arendt pubblica “La banalità del male”, resoconto del processo al gerarca nazista Adolf Eichmann, pochi anni sono trascorsi dalla fine della guerra e l’orrore per le immagini ed il dolore provocati dalla Shoah ancora riempiono di vergogna un mondo in cui, si è certi, mai più si potranno verificare fatti analoghi.
Se a prima vista la previsione sembra oggi essere confermata - non da ultimo dal conferimento del Nobel per la Pace all’Unione Europea nel 2012 – dell’antisemitismo, nelle sue varie forme ed espressioni, non si può dire altrettanto.
L’Unione Europea, attraverso l’Agenzia per i Diritti Fondamentali, ha deciso pertanto di interrogarsi sul tema dell’antisemitismo in Europa, ponendosi in una prospettiva particolare: quella delle sue vittime, nella percezione che le stesse hanno del fenomeno.
L’indagine di FRA nasce concretamente dalla mancanza di dati sul fenomeno e dalla scarsa qualità di essi: su 28 Stati membri dell’UE solo 13 risultano raccogliere dati amministrativi sui reati di antisemitismo, fornendo informazioni comunque non comparabili tra loro.
Il limite nei dati e nelle informazioni disponibili determina ovviamente difficoltà in capo alle autorità politiche non solo nel prevenire questo tipo di reati efficacemente, ma anche nel fornire tutele adeguate alle vittime attuali o potenziali; disporre di maggiori e più dettagliate informazioni sui caratteri e la portata del fenomeno è dunque indispensabile per la realizzazione di questi obiettivi e l’indagine di FRA si pone, come fine ultimo, proprio la raccolta di informazioni comparabili in diversi Stati dell’UE.
L’indagine, condotta on-line nel periodo settembre/ottobre 2012, ha posto l’attenzione principalmente sulle esperienze di discriminazione e sui reati generati dall’odio vissuti dal popolo ebraico in 8 degli Stati membri dell’Unione - Belgio, Francia, Germania, Ungheria, Italia, Lettonia, Svezia e Regno Unito – in cui si stima che risieda il 90% della popolazione ebraica europea.

 

I risultati principali - In riferimento al campione di soggetti che hanno preso parte all’indagine (circa 5900 ebrei autocertificati), si sono potuti rilevare diversi dati significativi.
In primo luogo, per più della metà degli intervistati, l’antisemitismo non solo è un problema attuale nello Stato UE di residenza, ma risulta essersi aggravato nelle sue manifestazioni negli ultimi 5 anni.
A destare forti preoccupazioni è poi, in particolare, l’antisemitismo online, percepito come un problema dal 75% degli intervistati e dal quale risultano maggiormente colpiti i giovani tra i 16 ed i 29 anni rispetto agli adulti ultrasessantenni. I commenti antisemiti su internet emergono infatti come una delle questioni più rilevanti per gli intervistati, mettendo ulteriormente in luce il problema – già evidenziato ampiamente in relazione ad altri gruppi sociali  - della tutela dei diritti fondamentali sul web al netto del mantenimento delle garanzie che circondano la libertà di espressione.
Tornando dal virtuale al reale, sebbene le percentuali siano notevolmente inferiori, si delinea una situazione quantomeno allarmante: nei 12 mesi precedenti l’indagine, il 26% del campione intervistato ha dichiarato di aver vissuto uno o più episodi di insulti verbali e molestie di natura antisemita ed il 4% di aver subito violenza fisica o esserne stato minacciato.
Particolarmente interessanti risultano essere i dati relativi alla paura di divenire vittima di insulti o molestie antisemite ed alla sua percezione che, aldilà dell’informazione strettamente statistica - il 46% degli intervistati si dichiara preoccupato di diventare vittima di insulti verbali o molestie nell’arco dei 12 mesi successivi, mentre il 33% teme di subire violenza fisica nello stesso lasso di tempo – forniscono diversi spunti di riflessione.
I dati relativi al timore e alla paura di diventare vittima di reati antisemiti evidenziano infatti la presenza di conseguenze negative ulteriori incidenti sulla vita degli intervistati: a causa della paura di subire attacchi fisici o verbali, percentuali consistenti del campione intervistato hanno dichiarato di aver deciso di limitare i propri spostamenti ed attività - il 23% ha dichiarato di evitare occasionalmente di assistere ad eventi ebraici o visitare luoghi ebraici mentre il 27% evita alcuni luoghi della propria zona o quartiere di tanto in tanto -, riducendo notevolmente il benessere e la qualità della propria vita.
In termini di vera e propria discriminazione, intesa come negazione di servizi o mancata soddisfazione di esigenze particolari legate al culto, l’indagine individua come momento di più frequente manifestazione di episodi discriminatori il posto di lavoro e, più in generale, la fase di ricerca di un impiego.
Ad aggravare ulteriormente il quadro sono poi i dati relativi alla negazione dell’olocausto o alla sua banalizzazione: ben il 57% degli intervistati ha dichiarato di aver sentito o visto qualcuno affermare che l’olocausto è un’invenzione o che ne sono stati esagerati i contorni e le descrizioni rispetto alla realtà.
Per quanto riguarda la segnalazione alle autorità competenti dei reati generati dall’odio, l’indagine ha evidenziato che, del campione di intervistati che ha dichiarato di aver subito violenze o minacce, circa il 64% non ha segnalato l’episodio alla polizia, analogamente al 76% di chi ha subito molestie di natura antisemita ed all’82% di chi ha affermato di essere stato discriminato.
La scarsa segnalazione dei reati in questione, determinante nel mantenimento del fenomeno nell’invisibilità, non solo garantisce l’impunità dei colpevoli ma è causa anche della mancanza di sostegno e aiuto a favore delle vittime. Il dato relativo alle segnalazioni alle autorità competenti consente inoltre di affermare che le statistiche ufficiali fornite dalla polizia forniscono, in realtà, un’immagine molto lontana dalla reale gravità della situazione dell’antisemitismo.
Infine, circa la metà del campione intervistato è risultato non essere a conoscenza della normativa che tutela gli ebrei dalla discriminazione, delle norme contro la negazione e banalizzazione dell’olocausto, come anche delle leggi contro l’incitamento alla violenza e all’odio nei confronti degli ebrei.

 

Le raccomandazioni dell’Agenzia – A fronte dei risultati dell’indagine, l’Agenzia ha ritenuto utile evidenziare alcune questioni problematiche che necessitano di essere affrontate adeguatamente dagli Stati membri. In primo luogo, ovviamente, FRA invita gli Stati a raccogliere il maggior numero di dati possibile relativamente a come i cittadini ebrei vivono i propri diritti fondamentali nella quotidianità, incrementando parallelamente le attività di diffusione delle informazioni sulla tutela dalle discriminazioni che colpiscono la popolazione ebraica.
L’Agenzia dell’Unione suggerisce inoltre di integrare in strategie nazionali e piani d’azione misure per combattere l’antisemitismo come potrebbe essere, ad esempio, l’inserimento nei programmi scolastici di interventi diretti a diffondere buone pratiche nella scrittura su internet e strumenti educativi similari.
Deve essere inoltre migliorata la base giuridica dei reati generati dall’odio ed in particolare di quelli di stampo antisemita a mezzo web, in modo da consentirne un più facile accertamento e, conseguentemente, favorendo la punizione dei colpevoli. Tra le misure concrete, l’Agenzia sollecita gli Stati membri dell’Unione a prendere in considerazione l’opportunità di creare unità di polizia specializzate nel monitoraggio e accertamento dei reati generati dall’odio su internet, da accompagnare a misure di incoraggiamento degli utenti a segnalare alla polizia contenuti antisemiti pubblicati sul web. Infine, per affrontare la questione della scarsa propensione alla denuncia relativamente ai reati menzionati, FRA invita le autorità nazionali ad adottare misure e pratiche quali la “segnalazione da parte di terzi” o simili che, coinvolgendo associazioni della società civile che si sostituiscano alle vittime nell’atto della denuncia, facilitino la segnalazione di questi episodi.

 

Non abbassare la guardia – Nello stesso periodo in cui l’Agenzia dell’UE si impegnava nella raccolta dei dati per il report, in ciascuno degli otto paesi oggetto di indagine si sono verificati incidenti ed episodi di matrice antisemita, alcuni dei quali particolarmente sanguinosi e detestabili, che il report ci dimostra non essere casi isolati. Possiamo affermare dunque che, nonostante siano trascorsi quasi 70 anni dalla fine della Shoah, l’antisemitismo rimane un male tenace e difficile da estirpare, in relazione al quale non possiamo smettere di vigilare.

Giulia Guietti

 

Per informazioni:
Report completo
FRA Agency http://fra.europa.eu/en; Mail information@fra.europa.eu

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