L'evacuazione degli ebrei anziani da Dresda

Nell’estate 1942, Victor Klemperer - professore di letteratura francese a Dresda, sposato con una donna ariana – registrò sul suo diario il dramma della deportazione degli ebrei anziani: dalle prime voci sulla città di Theresienstadt fino all’evacuazione degli ospizi e delle case di riposo. A Dresda, le procedure furono più spicce e più aperte: non si cercò di nascondere nulla del luogo di deportazione, e il trasferimento fu eseguito in camion, non in treni ordinari, dotati di scompartimenti, su cui salirono i gruppi di anziani in varie città tedesche. Tutto questo, forse, perché Dresda è molto vicina al confine con la Cecoslovacchia e quindi alla stessa Terezín.

26 giugno, venerdì mattina

Finora gli ebrei che avevano un posto di lavoro potevano conservare le proprie biciclette. Recentissima disposizione (4): la bicicletta si può conservare soltanto se il lavoratore ha un percorso di più di 7 chilometri. Nello stesso tempo: chi può ancora utilizzare il tram (lavoratori oltre il limite dei 7 chilometri) non può più prendere la tessera da 12 corse né i biglietti di coincidenza, può prendere soltanto i biglietti singoli che sono i più cari. […]

Verso sera

Cronaca della giornata, come l’ho sentita da Simon, poi dai Seliksohn (che ci riforniscono di patate!), infine da Kätchen. Il calzolaio s’è suicidato […]. Ho i miei dubbi, non aveva l’aria di uno che perde rapidamente il controllo dei nervi – è probabile che lo abbiano aiutato. L’ospizio presso la Comunità ebraica, dove recentemente ero stato a trovare il signor Hammer, che mi ha parlato dei suoi rapporti con Walzel, viene evacuato. Una serie di anziani, i cui nominativi sono stati stabiliti dalla Gestapo, deve andarsene. Tra costoro Perl, un uomo fragile e avanti negli anni con il quale ho spalato neve quest’inverno, e che in questo lavoro aveva trovato una sorta di pausa sotto tutela – non doveva recarsi presso la Gestapo, che altrimenti lo obbligava a presentarsi ogni giorno per picchiarlo e farlo marciare in giro per la città. In tutto il trasporto comprenderà 50 anziani. Poiché a Berlino continuano le evacuazioni, si può supporre che anche qui l’azione proseguirà. Su quali basi avvenga la selezione non è molto chiaro, se in base all’età o al patrimonio o perché le persone sono invise. In questo momento i più esposti sono i vecchi. Qui ho sentito parlare spesso di un cantante da camera ariano, Zottmayr che era sposato con un’ebrea. E’ morto di cancro pochi mesi fa. La moglie, che fino a quel momento non era stata per niente importunata (sulla settantina, con una buona situazione patrimoniale), s’è subito dovuta mettere la stella [obbligatoria in Polonia fin dal 23 novembre 1939, in Germania dal 1° settembre 1941 – n.d.r.]. Ora è anche lei tra gli evacuati. […]

 

29 giugno, lunedì mattina

Mercoledì tutti gli anziani dell’ospizio vengono spediti con un automezzo a Theresienstadt. Il dottor Katz accompagna il trasporto. Si racconta della sua tipica battuta: <<Spero proprio di tornarmene indietro>>.

Per quattordici giorni dal 29 giugno al 12 luglio sono stati assegnati cinque chili di patate a persona. Di quelle patate una su quattro è guasta. Manca la verdura, manca il rafano. Il pane è scarso ed è cattivo. Per quanto tempo l’entusiasmo e la buona volontà possono essere sostituiti dalla paura?

Gli attacchi in massa degli inglesi su Colonia e Brema pare annuncino un’offensiva aerea: <<Con 1000 aerei sulla Germania centrale e la Germania del nord!>>. Tra le città predestinate pare vi sarà anche Dresda. Stanno rinforzando le posizioni della contraerea (Alla Zeiss-Ikon e al municipio).

 

1° luglio, mercoledì mattina

Già ieri, quando sono andato a vedere la posta, la signora Ida Kreil mi ha detto: <<Ora ho perduto tutto. Anche i miei figli a Praga vengono evacuati>>. Ha una figlia sposata là, il suo nipotino ha 10 anni. La famiglia viene portata a Theresienstadt, e di lì nell’ignoto. […]

 

2 luglio, giovedì mattina

Brutale il trasferimento dell’ospizio per anziani a Theresienstadt. Stipati in un camion con delle panche, solo il minimo indispensabile, spintoni e botte. […]

 

7 luglio. Sera

Kätchen racconta: l’istituto Henriette, circa cinquanta anziani, viene evacuato. Ed ecco che sua madre, quell’indistruttibile ottantenne, deve partire anche lei per Theresienstadt; il fratello di Kätchen è stato arrestato e quindi è un uomo morto. Questo Joachimsthal è un pessimo soggetto, con il quale lei ha già litigato e che la ricatta – ma perché ora viene ucciso? Pare che <<abbia nascosto la stella>> o che sia stato in giro dopo le nove di sera. Per questo la morte. […]

 

9 luglio, giovedì mattina

Afa e a tratti temporali. La calura mi costringe in casa – i vestiti, la stella.

Quando ho sentito per la prima volta il nome di Theresienstadt? (L’esistenza di quel luogo, che pare si trovi nei pressi di Leitmeritz, una piccola antica rocca, una cittadina minuscola, mi era del tutto sconosciuta.) Dev’essere stato questo inverno che i Kreidl hanno cominciato a parlare delle evacuazioni da Praga e da Vienna verso Theresienstadt. Dev’essere meno di due mesi fa che si è iniziato a parlare di trasporti in quella direzione anche dalla Germania del Reich. Ora Trude Scherk (circa otto giorni fa) usa quella parola come un vocabolo perfettamente conosciuto, un’istituzione germanica di provenienza oscura: si arriva a Theresienstadt, e se si è oltre i 70 anni ci si rimane. E Kätchen usa numeri con cinque zeri; tanti sembrano essere gli ebrei che può contenere Theresienstadt.  […]

 

10 luglio, venerdì pomeriggio

I Marckwald – l’appuntamento fisso del giovedì! – ieri mi hanno citato una poesiola che deve avere più o meno un anno. Si diffonde di bocca in bocca come la poesia popolare, e di conseguenza la sua forma non è perfettamente stabile. Inoltre, mi sono scritto su un biglietto solo le rime, e ora cerco di completare con precisione approssimativa.

La storia dei dieci piccoli brontoloni [ il temine tedesco Meckerlein era usato per designare coloro che criticavano il regime – n.d.r.]:

Dieci piccoli brontoloni seduti bevevano vino;
Uno parlò di Goebbels, e ne rimaasero nove.
Nove piccoli brontoloni si misero lì a pensare;
Uno l’hanno notato e sono rimasti in otto.
Otto piccoli brontoloni si misero lì a scrivere;
Fu trovata una lettera presso uno di loro e sono rimasti in sette.
Sette piccoli brontoloni si chiedono: <<E’ buono?>>.
Uno dice: <<Uno schifo!>> e sono rimasti in sei.
Sei piccoli brontoloni trovano un giovane hitleriano;
Uno dice: <<Ragazzaccio!>> e sono rimasti in cinque.
Cinque piccoli brontoloni suonavano il pianoforte;
Uno ha suonato Mendelsohn e sono rimasti in quattro
[poiché Mendelsohn era un musicista ebreo, la sua musica era proibita – n.d.r.].
Quattro piccoli brontoloni una volta hanno parlato di Ley [ministro del lavoro – n.d.r.];
Uno ha rimpianto la v di Levy [tipico nome ebraico – n.d.r.] e sono rimasti in tre.
Tre piccoli brontoloni erano membri del partito;
Uno ha detto: <<Me ne voglio andare!>> e sono rimasti in due.
Due piccoli brontoloni ascoltavano la radio;
Uno ha ascoltato troppo, l’ha preso la Gestapo.
L’ultimo dei brontoloni voleva andare all’estero;
Arriva a Orianenburb [lager vicino a Berlino – n.d.r.] e sono di nuovo dieci.

Eva ha detto: si capisce dall’ultima riga che la cosa è vecchia. Oggi i dieci brontoloni non sarebbero più in vita.

I Marckwald confermano e danno per certa e non esagerata la cifra di 2000 (duemila) ebrei che dall’inizio delle deportazioni a Berlino si sarebbero suicidati. Ieri è stato reso noto, oltre al trasporto degli anziani a Theresienstadt, un altro trasferimento di persone abili al lavoro. Diciassette persone tra i 40 e i 50 anni, tra loro l’infermiera Lampen, che era venuta dalla signora Pick e il cui padre è stato recentemente spedito a Theresienstadt, lunedì notte verranno inviate in Polonia. Letteralmente ogni giorno ora porta la notizia di un orrore. La paura cresce. […]

 

14 luglio, martedì verso sera

Kätchen s’era fatta dare una licenza dalla polizia per poter rimanere l’ultima notte presso sua madre. Gli anziani sono stati portati ieri pomeriggio dall’istituto Henriette all’edificio della Comunità che si trova piuttosto vicino (Zeughausstrasse) e hanno dormito lì nel soggiorno, sulle sdraio. Poi alle cinque del mattino li hanno fatti sedere dentro un camion (nel quale avevano sistemato delle panche, il camion rivestito di un telone), un rimorchio portava i bagagli. Kätchen racconta che c’era parecchia gente a guardare, ariani, e che questi esprimevano un forte disappunto. <<E’ questo il loro modo di comportarsi con gli ebrei! Li caricano come il bestiame>>. Diceva che anche questa volta il dottor Katz ha accompagnato il trasporto. Pare sia malvisto ovunque. Invece tutti parlano con grande affetto e ammirazione del presidente della Comunità, Hirschel (che non è retribuito). E’ un uomo che non si risparmia. Questa notte alle tre ha preso commiato dal trasporto diretto in Polonia, poi è tornato dalle donne anziane, e dopo la loro partenza s’è subito recato in ufficio. Tutto il lavoro e tutta la sofferenza finiscono per gravare sulle sue spalle.

(V. Klemperer, Testimoniare fino all’ultimo. Diari 1933-1945, Milano, Mondadori, 2000, pp. 575. 577-578. 583-586. 591. Traduzione di A. Ruchat e P. Quadrelli)

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