Il film, le riprese e le deportazioni

Nel 1944, Paul Aron Sandfort si trovava a Terezín, nel gruppo degli ebrei danesi. Pur essendo un ragazzo, suonava molto bene la tromba e quindi partecipò a numerosi concerti eseguiti nel ghetto. Inoltre, come molti altri abitanti di Theresienstadt, partecipò come comparsa alla realizzazione del documentario di propaganda realizzato dai nazisti. Nelle sue memorie, Sandfort parla di se stesso in terza persona e usa lo pseudonimo Ben.

Le riprese del film furono dirette dall’olandese Kurt Gerron; anche i fotografi e i tecnici erano professionisti che vivevano nel ghetto. Chiaramente tutto avvenne sotto la vigilanza del comandante delle SS Rahm che seguì la regia anima e corpo, da quel grande artista che era.

Nel film si doveva poter vedere come se la passavano bene i giudei. Molto meglio della povera popolazione tedesca che soffriva sotto i crudeli bombardamenti inglesi.

Durante le riprese Ben suonava musica da ballo al caffè, dove giovani ebrei, quelli meglio nutriti, vennero chiamati. Dovevano avere l’aspetto più giudeo possibile, preferibilmente col naso grande, e dovevano mostrarsi allegri. La scena fu girata più e più volte prima che il regista e il comandante ne fossero pienamente soddisfatti.

Per una volta ricomparve il professore del laboratorio di ceramiche. Ben stentava a riconoscerlo per quanto era magro e pieno di lividi. Aveva un grosso buco sul lato della testa. Modellò una grande figura, una sirena a cavallo di un pesce, e lo truccarono, in modo che la ferita non si vedesse. Dopo le riprese scomparve di nuovo.

Filmarono come i giudei lavoravano contenti e con scrupolo nella sartoria e nella falegnameria: Kalle che lavorava in una bottega di calzoleria e alcune donne che facevano abiti di moda, ed eleganti borsette da donna che in realtà erano destinate alla Germania.

Alcuni uomini, che ancora non si erano dimagriti troppo, vennero ripresi mentre facevano una bella doccia calda, e ci furono delle scene con scienziati ebrei che tenevano conferenze e prendevano libri in prestito nella fornitissima biblioteca, formata da libri raccolti dalle case degli ebrei di Praga.

Nel film si vedevano i giudei che andavano ai concerti. Al pubblico erano stati distribuiti abiti presi dal magazzino delle cose confiscate, così tutti erano ben vestiti, e acclamavano entusiasti i loro artisti e compositori.

All’opera per bambini tutti gli spettatori erano piccoli. C’erano anche Lea, con un bel fazzoletto sulla testa, Rebecca ed il piccolo Jacob ad applaudire mentre Ben suonava la tromba. Allo stesso modo ripresero come i bambini giocavano e ballavano all’asilo, mangiavano squisiti panini alla margarina e si divertivano  con il pagliaccio danese Hambo.

Ben era tra il pubblico, quando girarono le riprese della partita di calcio nel cortile della caserma Amburgo. Faceva il tifo ed esultava quando veniva segnato un goal, proprio come gli avevano detto. Lea, invece, prese parte ad una lezione, in cui la maestra insegnava l’ebraico, e le bambine dovettero anche fare ginnastica all’aria aperta.

Gli orti dei tedeschi in pieno rigoglio vennero spacciati per quelli delle famiglie ebree, e in un bel giorno di sole alcune delle più belle ragazze furono scelte per fare una nuotata nel fiume in costume da bagno. Karl Rahm in persona partecipò alla selezione. Le riprese iniziarono la mattina presto; quando, la sera tardi, le riprese furono terminate, le ragazze erano proprio esauste. Ma in questo modo si poteva vedere come i giudei si godessero le vacanze, facendo i bagni e prendendo il sole, mentre i tedeschi dovevano sgobbare per l’industria bellica. […]

Ma terminate le riprese del film, venne ingiunto un nuovo ordine di trasporto: tremila uomini sopra i sessant’anni. E poi di nuovo un altro: stavolta tremila donne!

Allora nel ghetto dilagò il panico. Coppie di coniugi vennero divise, i bambini separati dai genitori… ma ci si poteva offrire volontari per restare insieme ai propri congiunti; molti corsero al registro anagrafico per provare a convincere il capo dei giudei a toglierli dalla lista, o per tentare di comprarsi l’esonero; si commerciava con la vita e con i destini, si era pronti a dare tutto, il pane, i gioielli che erano stati portati clandestinamente dentro il campo, pur di restare nella cara Terezín, dove la vita era così bella, come diceva la canzone! Ma non c’era niente da fare: gli ordini erano ordini! […]

A ottobre scoppiò l’inferno; dopo la rappresentazione del grandioso Requiem di Verdi, arrivò l’ordine che tutti quelli che vi avevano partecipato – eccetto i danesi – dovevano partire col prossimo trasporto: l’orchestra, i solisti e tutto il coro. Era stato come se avessero partecipato all’esecuzione della propria messa funebre. In un colpo solo, di tutta l’orchestra sinfonica rimanevano solo Ben, il fratello di Rebecca, il sassofonista e il direttore. […] Subito dopo anche quelli che avevano partecipato alle riprese del film dovettero partire col trasporto. Venne ordinato esplicitamente: i tecnici, le ragazze che avevano fatto il bagno nel fiume, i ragazzi che avevano ballato al Caffè, i giocatori di calcio, le due giovani del laboratorio di ceramica e la ragazza dell’orto, i bambini che erano stati ripresi mentre giocavano con le bambole e quelli che erano sul cavalluccio a dondolo. Le madri, come per un favore loro riservato, erano ben accette quali volontarie. […] Neanche il regista Gerron ebbe scampo. Forse aveva creduto di poter essere risparmiato, dato che era stato così meticoloso nel collaborare e s’era dato tanto da fare per venire incontro a ogni minimo desiderio della Gestapo. Quando stava per salire sul carro bestiame Gerron si staccò dalla fila e si avvicinò al comandante per pregarlo di essere esonerato, ma Rahm non lo guardò neanche. Urlò: <<Weitergehen! Los>> [= Entrare! Veloce! – n.d.r.]

(P. A. Sandfort, Ben. Storia di un giovane ebreo sopravvissuto all’Olocausto, Roma, Sovera, 2001, pp. 210-217)

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