Il vitto e gli alloggi
Sono passate tre settimane da quando sono venuta in questo strano posto, in realtà un ghetto. Ho letto una volta dei ghetti esistiti in passato, e non mi è mai passato per la testa che avrei provato anch’io una cosa simile. E’come se fossimo tornati indietro di alcune centinaia di anni.
Tutto è così strano; diverso da qualunque altro posto del mondo. Per esempio, la gente cammina sulla strada, non solo sul marciapiede, ma siamo talmente tanti che probabilmente sul marciapiede non ci staremmo. Comunque le macchine qui non circolano, quindi niente può metterci sotto. Dormiamo in cuccette, e dappertutto è ammassata tanta gente. I mariti e le mogli non vivono insieme e i loro figli vivono separati da loro in case o comunque si chiamino. Quando si sente la parola casa si immagina qualcosa di molto carino. Be’, è tutto molto diverso, perché così deve essere. […]
Ancora non ho appetito. Per la maggior parte del tempo mangio le nostre provviste, ma stanno lentamente scomparendo. Che cosa succederà poi? Qui il cibo puzza. Mi meraviglio che qualcuno possa mangiarlo. Gita dice che fra pochissimo tempo lo mangerò anch’io. Forse riceverò presto un pacco.
Questo è il menu per la cucina dei ragazzi. Fino a sedici anni ci viene dato del cibo migliore che agli altri.
PRANZO CENA
Lunedì Minestra, miglio Piccola pagnotta di pane
Martedì Minestra, patate, rape Minestra
Mercoledì Minestra, patate, gulasch Piccola pagnotta di pane
Giovedì Minestra, gnocchi, sugo di carne Salsiccia, minestra
Venerdì Minestra, orzo Focaccina
Sabato Minestra, patate, rape Minestra
Domenica Minestra, pasta con crema 20 gr di
margarina, un cucchiaio
di marmellata
Il menu non sembra così male, ma è cucinato in modo impossibile e la minestra è sempre la stessa ogni giorno. Sembra acqua presa dal lavaggio dei pavimenti. Brr, in vita mia non ho mai mangiato minestre e queste non le mangerò di certo. Ci danno caffè nero per colazione e niente insieme (è una brodaglia).
Io e Tonicka siamo diventate amiche. Ci capiamo molto bene e abbiamo detto che avremo una comune nel senso che terremo tutto insieme. Pane, zucchero, margarina, pacchi da casa, anche quando una riceve più dell’altra. Così è meglio. Riusciamo ad avere solo un chilo di pane ogni tre giorni. Lo portano in vecchi carri funebri spinti a mano. In realtà, quello è l’unico mezzo di trasporto. Ci portano anche i cadaveri. Qualche volta riceviamo del pane ammuffito e quello è male. Tagliamo via la parte ammuffita e poi dobbiamo tagliare il resto in fette molto sottili per farlo bastare, e non ci importa dover mangiare del pane secco. Se solo ne riceviamo a sufficienza. Qualche volta ne taglierei un’altra fetta, ma non devo. Tonicka è una brava donna di casa. Io lo divorerei tutto e poi il terzo giorno non ne avrei più. Ora ho cominciato a pensare troppo al cibo. Qualche volta mangio persino le disgustose minestre, e solo poco tempo fa non l’avrei potuto neanche immaginare.
Qui ho imparato ad apprezzare le cose quotidiane che, se le avessimo avute quando eravamo ancora libere, non avremmo notato per niente. Come andare in un autobus o su un treno, o camminare liberamente per la strada, lungo un fiume, per esempio. O andare a comprare un gelato. Una cosa così normale ed è fuori dalla nostra portata.
(Ragazzi in guerra. Diari segreti di adolescenti europei nel secondo conflitto mondiale raccolti da Laurel Holliday, Milano, Il Saggiatore, 1996, pp. 143-145. Traduzione di P. Gherardelli)