Gli ebrei danesi

L’occupazione della Danimarca
Terezín, 2006. Uno degli edifici in cui avvenivano le attività dedicate ai bambini, oggi sede di una sezione del museo permanente, all’interno della Grande fortezza.Nell’ottobre 1943, 485 ebrei vennero catturati in Danimarca e condotti a Theresienstadt. Le vicende dell’occupazione e della deportazione in questo paese sono completamente diverse da quelle di qualsiasi altra regione occupata dai nazisti. Le armate tedesche varcarono il confine danese il 9 aprile 1940, ma le autorità militari avevano ordinato ai soldati di tenere un comportamento corretto, che in alcun modo potesse offendere o irritare la popolazione locale. La motivazione di questo comando era di natura razziale: come disse un generale della Luftwaffe, <<il danese non è un polacco, ma piuttosto un teutone>>.

Il re Cristiano X, il governo e il parlamento decisero di non emigrare. Pertanto i nazisti, che preferivano di gran lunga trattare con autorità conservatrici capaci di aggregare consensi, piuttosto che affidare il potere ai fascisti locali, fanatici, ma di solito privi di seguito popolare, cercarono di costruire un positivo rapporto di collaborazione.  Nel 1941, circa il 75% della produzione agricola danese era esportata in Germania, al punto che la Danimarca forniva tra il 10 e il 15% delle derrate alimentari che entravano nel Reich. Inoltre, nella Germania settentrionale lavoravano ogni anno circa 30 000 danesi.

Desiderosi di far saltare questo equilibrio, gli inglesi organizzarono una serie di azioni di sabotaggio e di attentati, che spinsero i nazisti ad assumere un atteggiamento sempre più rigido e più brutale. Il 29 agosto 1943, con le dimissioni del governo, la Danimarca uscì definitivamente dall’ambigua politica di neutralità filotedesca, tenuta fino ad allora, e fece una precisa scelta di campo, in direzione degli Alleati.

La fuga degli ebrei in Svezia

In Danimarca, gli ebrei erano poche migliaia ed erano perfettamente integrati (fin dal 1849) nel tessuto sociale nazionale. L’antisemitismo era del tutto assente, sicché 1200 ebrei fuggitivi dalla Germania avevano trovato riparo nel paese, dopo il 1933. Fino all’estate del 1943, i nazisti decisero di non molestare gli ebrei danesi, per non destare malumori all’interno della popolazione.

La decisione di deportarli venne presa l’8 settembre 1943; tuttavia Werner Best, massima autorità tedesca in Danimarca (col titolo di plenipotenziario del Reich), si rese conto dei rischi politici che la cattura degli ebrei avrebbe comportato: i rapporti tra tedeschi e danesi si sarebbero ulteriormente aggravati, in un momento in cui le sorti della guerra si mettevano male per il Terzo Reich. Pertanto Best (che pure era un alto ufficiale della Gestapo ed aveva condotto importanti azioni di deportazione dalla Francia verso Auschwitz) lasciò trapelare dai suoi uffici numerosi segnali, che permisero a 7-8000 ebrei danesi di fuggire via mare in Svezia.  Con loro, si imbarcò anche il celebre fisico Niels Bohr, la cui moglie era israelita.

Il 2 ottobre 1943, la polizia tedesca catturò solo un gruppo minoritario, che non era riuscito a fuggire. Anche verso costoro, comunque, le autorità mostrarono un occhio di riguardo; invece di essere deportati ad Auschwitz (ove ormai erano diretti i convogli degli ebrei arrestati in tutta l’Europa occupata), i 485 danesi furono condotti a Theresienstadt; solo 51 di loro, vecchi o malati, morirono nella Grande fortezza. Infine tutti i superstiti, nel marzo 1945, con il consenso di Himmler, furono liberati e consegnati alla Croce Rossa svedese.

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