Il protocollo di Wannsee

L’ambiguo linguaggio del verbale di Wannsee
Reinhard Heydrich, fotografato da Heinrich Hoffman.Il protocollo di Wannsee (così, a volte, viene chiamato il verbale della conferenza dei sottosegretari, tenutasi il 20 gennaio 1942) inizia sintetizzando un lungo discorso di Heydrich, che ricostruì per sommi capi le tappe della politica antisemita del Terzo Reich. In un primo tempo, la meta di tale azione era stata l’emigrazione degli ebrei dalla Germania e dai territori annessi (Austria, Boemia e Moravia). Tale politica, secondo Heydrich, aveva provocato la partenza di 537 000 ebrei, tra il 30 gennaio 1933 e il 31 ottobre 1941.

Al momento attuale, però, l’emigrazione aveva ormai lasciato il posto all’evacuazione verso est. Heydrich ricordò che il nuovo orientamento – per raggiungere una soluzione veramente definitiva – avrebbe dovuto coinvolgere più di 11 milioni di ebrei, cifra nella quale vennero contati anche gli israeliti residenti in Inghilterra, in Irlanda, in Svezia e in Portogallo. E’ chiaro dunque che, a quell’epoca, i vertici nazisti pensavano ancora di poter vincere la guerra e di imporre all’intera Europa i loro progetti di riorganizzazione razziale.

Nel gennaio 1942, una formula come evacuazione verso est era già sinonimo di sterminio. Probabilmente, tutti i partecipanti alla riunione erano informati dell’escalation subita dai massacri in URSS e del fatto che, in Polonia, si stavano preparando dei nuovi e affatto speciali campi di sterminio (Vernichtungslager), specificamente destinati all’uccisione degli ebrei. A questi eventi, però, Heydrich non fece alcun esplicito riferimento, limitandosi a disegnare un quadro molto generico. Nella sua descrizione, gli ebrei abili al lavoro sarebbero stati adibiti alla costruzione di strade. Non venne detto nulla circa la sorte degli individui inidonei; invece, si lasciò intendere che l’attività lavorativa avrebbe comportato un elevatissimo numero di vittime e che gli eventuali superstiti sarebbero stati eliminati.

La discussione sui Mischlinge

Siamo di fronte ad un linguaggio che, almeno in parte, cercava di nascondere la gravità di quanto veniva organizzato. Secondo lo storico americano R. Hilberg, si tratta del primo dei numerosi sforzi compiuti dai burocrati, ai vari livelli, per mascherare (a se stessi, prima che all'opinione pubblica o a chiunque altro) la reale natura dei loro atti: di qui l'uso di espressioni generiche o neutre come <<azioni>>, <<trattamento speciale>>, <<reinsediamento>>, <<attività di esecuzione degli ordini>>, ecc.

L’unica questione che, a Wannsee, venne discussa animatamente fu la sorte dei mezzi ebrei (denominati Mischlinge). Forse, il dibattito fu vivace per il fatto che, su questo specifico problema, non era stato ancora deciso nulla ai massimi livelli, mentre l’evacuazione verso est (cioè lo sterminio) era stata presentata da Heydrich come una faccenda già definita, di competenza sua e delle SS. La questione dei Mischlinge non venne risolta; furono presentate varie ipotesi di soluzione, compresa quella della sterilizzazione di massa, ma di fatto non si giunse – fino al termine della guerra – a nessuna misura operativa.

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