La guerra d'Etiopia

L'inizio delle ostilità
Italia, 1935. Propaganda razzista diffusa a sostegno della guerra d’Etiopia.Il 3 ottobre 1935, le truppe italiane varcarono il fiume Mareb, che segnava all’epoca il confine tra l’Eritrea (colonia italiana) e l’impero etiopico (o Abissinia, come si diceva allora). L’attacco all’Etiopia non fu preceduto da una formale dichiarazione di guerra. Questa scelta non fu dettata da motivazioni strategiche (cogliere di sorpresa il nemico, ad esempio), ma fu un deliberato gesto di disprezzo. Mussolini voleva mettere in evidenza che l’Etiopia – ai suoi occhi - non era uno Stato sovrano, ma un territorio selvaggio, in cui non valevano le regole del diritto internazionale.

In realtà, l’impero etiopico non solo era uno Stato a tutti gli effetti (guidato da un imperatore, il negus Hailè Selassiè), ma era membro a pieno titolo della Società delle Nazioni: un organismo internazionale voluto dal presidente americano Wilson subito dopo la prima guerra mondiale, al fine di <<promuovere la collaborazione internazionale>> e <<realizzare la pace>>. Gli stati membri dell'organizzazione avrebbero dovuto difendere l'integrità territoriale di ogni paese che avesse subito un'aggressione esterna e, nel contempo, contribuire a risolvere col negoziato tutti gli eventuali conflitti.

Le sanzioni della Società delle Nazioni

Il 7 ottobre 1935, la Società delle Nazioni colpì l'Italia con pesanti sanzioni economiche, cioè vietò il commercio con l'Italia a tutti gli stati membri della società stessa. Gran Bretagna e Francia, tuttavia, non avevano in Etiopia interessi significativi; inoltre, speravano di tenere l’Italia dalla loro parte, in funzione anti-tedesca.

Pertanto, l’Inghilterra non impedì alle navi italiane che portavano truppe e materiali, in Eritrea o in Somalia, il passaggio attraverso il canale di Suez. Inoltre, la direttiva della Società non proibì l'esportazione verso l'Italia di ferro, di acciaio, di carbone e persino di petrolio. Così, anche se provocarono notevoli danni all'economia nazionale (nel gennaio 1936 le esportazioni italiane diminuirono di quasi la metà e le importazioni di molto più di un terzo rispetto al gennaio 1935) le sanzioni non impedirono affatto al regime fascista  di portare a termine la sua impresa coloniale.

Nel loro assurdo tentativo di garantire contemporaneamente sia l'onore della Società delle Nazioni (mediante l'adozione delle sanzioni), sia le buone relazioni con l'Italia, Francia e Inghilterra tennero un atteggiamento decisamente ambiguo. A Mussolini parve di essere stato tradito dalle due democrazie occidentali, che egli accusò di non essere disposte a concedere (in cambio dell'alleanza in funzione antitedesca) un rafforzamento dell'Italia fascista in Africa.

A partire dal 1936, l’Italia iniziò a prendere le distanze dalle potenze liberal-democratiche e si avvicinò sempre più alla Germania nazista. Nel 1936-1939, Hitler e Mussolini sostennero insieme il generale Francisco Franco, nella guerra civile spagnola; a maggior ragione, nel 1938, l’Italia fascista non sollevò alcuna protesta, di fronte all’annessione tedesca dell’Austria, e adottò infine leggi antisemite simili a quelle presenti nel Terzo Reich.

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