Il commento di Solzenicyn
Un paradosso: UN SOLO ARTICOLO dei centoquarantotto della sezione particolare del Codice penale dell’anno 1926 ha dato impulso a tutta la pluriennale attività degli Organi eternamente vigili e ovunque presenti. In lode di quest’articolo si potrebbero trovare epiteti più numerosi di quanti ne avesse trovati una volta Turgenev per la lingua russa o Nekrasov per la Madre Russia: grande, possente, abbondante, ramificato, vario, universale Cinquantotto, che esaurisce il mondo neanche tanto nelle formulazioni dei suoi punti quanto nella loro interpretazione latissima e dialettica.
Chi di noi non ha sperimentato su di sé il suo abbraccio amplissimo? In verità non v’è trasgressione, pensiero, azione o inazione sotto il sole che non possa essere punita dalla mano dell’articolo Cinquantotto.
Era impossibile formularlo così ampiamente, ma è risultato invece possibile interpretarlo con tale ampiezza.
L’articolo 58 non ha costituito nel codice un capitolo sui delitti politici e in nessun luogo è scritto che sia politico. No, a fianco dei crimini contro l’ordine pubblico e del banditismo è riportato nel capitolo dei delitti contro lo Stato. Così il Codice penale inizia col rifiutare di riconoscere chicchessia sul suo territorio criminale politico, è solo un delinquente comune.
(A. Solzenicyn, Arcipelago Gulag, Milano, Mondadori, 1974, pp. 75-76. Traduzione di M. Olsùfieva)