Lo scontro per il controllo dei Lager

Wolfgang Langhoff venne rinchiuso in uno dei primi campi ad essere messi in funzione (quello della "palude di Börger", ovvero di Börgermoor), nella primavera del 1933. La sua testimonianza uscì a Zurigo nel 1935 e costituisce una delle prime relazioni scritte su un lager nazista.

L’originalità dell’esperienza di Langhoff consiste nel fatto che Börgermoor era un campo gestito direttamente dalle SS; ma in ottobre, con grande rabbia della truppa SS addetta alla sorveglianza, essa venne sostituita dalla polizia prussiana, in quanto Göring non poteva tollerare - sul territorio di cui era ministro dell'interno - queste zone franche che sfuggivano al suo controllo politico.

Il lettore incontra qui una scena al limite dell'incredibile: i militi SS dapprima cercano di convincere i detenuti (quasi tutti comunisti) a prendere le armi e a resistere insieme a loro all'occupazione del campo da parte della polizia; poi, viste le perplessità dei prigionieri, cercano comunque di fraternizzare con loro, affermando che la comune volontà di cambiare l'assetto sociale della Germania era più forte di tutte le divisioni politiche.

La situazione si fece minacciosa, quando si diffuse per la prima volta la voce che le SS sarebbero state congedate e sostituite da guardie di polizia. Era, ai loro occhi, la più grande infamia che potesse accadere, poiché nella polizia essi vedevano pur sempre l'apparato di forza dello stato di prima, i loro nemici, coi quali avevano avuto parecchi scontri sanguinosi. E ora i poliziotti sarebbero venuti qui, e avrebbero allontanato i legittimi campioni della rivoluzione nazionalsocialista! "Impossibile! Noi non ce ne andiamo! Sarebbe bella! Vedremo chi sono i padroni della nuova Germania! Noi o loro! ". [...] 

Nel campo, le SS ci presero da parte: "Sapete, quando verranno, noi vi diamo le armi, voi respingete con noi l'assalto, e poi formiamo un corpo franco Fleitmann [Fleitmann era il comandante del campo - n.d.r.], ci apriamo il passaggio fino in Austria, e là facciamo la rivoluzione!" Non potevamo fare a meno di ridere di questi piani fantastici, che però esprimevano così tipicamente il loro romanticismo bellicoso e il loro idealismo da lanzichenecchi. [...] Nella notte ci furono grandi atti di fraternizzazione. Dovemmo accendere sulla piazza un fuoco di paglia, le SS ci si misero con noi, e uno ci tenne un caloroso discorso: "Anche noi eravamo dei combattenti, ed essere combattenti era l'essenziale. Essi avevano visto che eravamo dei tipi come si deve, e noi dovevamo unirci a loro, e combattere per Adolf Hitler, che non aveva la minima idea di ciò che avveniva in quel momento in Germania." [...] 

La mattina seguente l'eccitazione era notevolmente diminuita. Non c'era più traccia della "volontà di combattere", ma solo amarezza e, senza dubbio, anche timore di quanto stava per succedere. [...] All'una in punto giunse il grosso della polizia, con una gigantesca colonna di autocarri. Risuonarono grida di comando; le SS furono strapazzate, com'esse avevano strapazzato noi, dovettero consegnare le armi e porsi di fronte alla polizia, in lunghe colonne per quattro. Il comandante fu arrestato e portato subito via in automobile. Moge moge, le SS eseguirono gli ordini. Così si allontanarono, esercito inglorioso, battuto e avvilito. Era finito il sogno della loro rivoluzione. La vecchia polizia, tanto combattuta, assumeva il comando per ordine di Göring.

(W. Langhoff, I soldati della palude. Tredici mesi di campo di concentramento. Relazione oggettiva apolitica, Torino, Loescher, 1988, pp. 199-203)

Azioni sul documento