Il Lager di Ravensbrück

Nata a Mondovì nel 1925, in una famiglia contadina, Lidia Beccaria Rolfi divenne maestra e poi aderì, nel 1943, ad un gruppo partigiano piemontese. Fu arrestata nell’aprile del 1944. Le sue memorie di prigioniera a Ravensbrück si aprono con una sintetica narrazione della storia del campo.

Siamo a Ravensbrück. Siamo il primo trasporto di donne italiane che arriva a Ravensbrück. É la sera del 30 giugno del ’44. Ravensbrück, ma questo lo sapremo molto più tardi, è una delle città concentrazionarie più giovani della Germania nazista ed è l’unico lager esclusivamente femminile. Come tutte le città ha una storia.

É stata costruita all’inizio del ’39 da un Kommando di deportati, cinquecento circa, provenienti dal campo di Sachsenhausen, in una località a 4 chilometri circa dalla piccola cittadina di Fürstenberg, nel Mecklenburg, 80 chilometri a nord di Berlino. Il terreno scelto per il Lager femminile è formato da dune sabbiose, circondate da foreste di conifere e di betulle, sulla riva sud del lago di Fürstenberg. In pochi mesi i deportati di Sachsenhausen, quasi tutti politici antinazisti obbligati a lavorare per "rieducarsi" , costruiscono il muro di cinta, le torrette d’osservazione per le sentinelle, sedici baracche dormitorio, i servizi essenziali e montano i fili spinati con la corrente ad alta tensione.

Le prime 867 deportate arrivano a Ravensbrück il 13 maggio. Sono tutte tedesche, eccettuate sette austriache, e per la maggior parte sono deportate per motivi politici. Alcune sono in carcere fin dal ’33. Sono comuniste, socialdemocratiche, antinaziste in genere, o anche appartenenti alla setta dei testimoni di Geova, setta pacifista e quindi contraria al regime della violenza. Mescolate alle politiche vi sono anche prigioniere condannate per reati comuni. A queste delinquenti comuni sono riservati la responsabilità dell’organizzazione interna del campo e i posti di comando.

Lo scopo del campo, all’inizio, è quello di "rieducare" le antinaziste, di qualunque ideologia o partito esse siano, e la "rieducazione", secondo i nuovi pedagogisti del Terzo Reich, si ottiene attraverso un duro allenamento all’ordine, alla disciplina, alla pulizia e al lavoro. Ordine, disciplina, pulizia, lavoro diventano i primi strumenti di tortura per le deportate. [...]

Nell’agosto o nel settembre del ’39 arriva a Ravensbrück il primo trasporto di zingare con bambini, ritenuti anch’essi nemici pericolosi del Terzo Reich, poi, con l’inizio della guerra e l’occupazione di vari paesi d’Europa, arrivano i primi trasporti di austriache, cecoslovacche, polacche, olandesi, norvegesi. Fra di loro vi sono alcune ebree e molte testimoni di Geova. Queste ultime, chiamate Bibelforscherin, cioè studiose della Bibbia, sono riunite in un unico blocco e sottoposte ad una disciplina durissima.

Il 1941 è un anno importante per la guerra di espansione tedesca: il fronte si allarga, la manodopera incomincia a scarseggiare in Germania, mentre l’industria bellica, al contrario, ha bisogno di un maggior numero di lavoratori per far fronte alle richieste. L’organizzazione SS, da cui dipendono i Lager, scopre che il lavoro rieducativo può diventare nello stesso tempo anche lavoro produttivo. Un accordo economico-commerciale si stabilisce fra l’industria tedesca e l’amministrazione SS dei campi, che in questo modo si assicura larghi profitti sfruttando opportunamente il lavoro dei prigionieri. Le deportate di Ravensbrück già nel ’41 sono affittate alle industrie di guerra e alle fattorie dei dintorni a un salario che varia fra i 4 e i 7 marchi al giorno e che viene incamerato dalle SS. Un’industria di confezioni, di proprietà delle SS, si stabilisce nel campo stesso e lavora per conto delle SS. Per ogni lavoratrice la fabbrica di proprietà delle SS paga 3 marchi e mezzo al giorno alla direzione amministrativa del campo, che da parte sua provvede al vitto e all’alloggio delle operaie. [...] Intanto la popolazione del campo aumenta e il campo viene ingrandito: Ravensbrück è stato costruito per seimila persone, ma nell’ottobre del ’41 vi sono già, secondo la maggior parte delle fonti, circa diecimila internate. Il lavoro rieducativo che si è trasformato in lavoro produttivo ha conseguenze gravi sulle condizioni fisiche delle prigioniere, già duramente provate dal clima, dall’alimentazione inadeguata, dalla disciplina, dalle punizioni.

Le più deboli e le più anziane diventano presto materiale umano non più utilizzabile. Ora le inabili al lavoro sono considerate bocche inutili, che incidono passivamente sul bilancio economico, e perciò devono essere eliminate. Si iniziano le selezioni. La prima selezione avviene nell’inverno ’41-’42: milleseicento donne invalide al lavoro o malate sono inviate a Bernburg, una località già attrezzata per l’eliminazione, che ha funzionato all’epoca dell’operazione Eutanasia , e vengono gassate. É il primo trasporto nero; così verranno chiamati in seguito i trasporti destinati al gas, allo sterminio. Nello stesso anno si susseguono altri trasporti neri, di ebree e di malate, e a primavera si iniziano anche le esecuzioni capitali nel corridoio della morte.

(L. Beccaria Rolfi – A.M. Bruzzone, Le donne di Ravensbrück. Testimonianze di deportate politiche italiane, Torino, Einaudi, 2003, pp. 14-17)

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