Il mare, il ghiaccio, l'inverno
Solo di rado il mar Bianco ghiacciava completamente... di solito intorno alle coste dell’isola e del continente si formava un banco compatto di ghiaccio di alcuni chilometri, cui seguiva la banchisa, uno strato di un metro-un metro e mezzo di ghiaccio finemente sminuzzato in cui si inserivano singoli blocchi di ghiaccio compatto, che si estendeva per una decina di chilometri. Tra le due lingue di banchisa appartenenti all’isola e alla terraferma, c’era un braccio di mare abbbastanza libero di circa venti chilometri, in cui naturalmente vagavano blocchi di ghiaccio isolati.
La traversata del mare d’inverno avveniva così: si mettevano in viaggio su due barche una ventina di uomini (in modo da potersi aiutare a vicenda). Tutti i partenti si assicuravano con delle cinghie e trascinavano le barche sul ghiaccio, possibilmente evitando, ma talvolta anche sgomberando le asperità che incontravano sul ghiaccio: la notte polare forniva luce a sufficienza per questo lavoro.
L’attraversamento della banchisa avveniva con un ingegnoso espediente marinaro: a prua delle barche si appoggiavano da entrambi i lati sulla banchisa delle lunghe assi, su cui saltavano i passeggeri con indosso una specie di calzamaglia di tela grossa che arrivava fin sotto le ascelle, e trascinando verso di sé l’orlo dell’imbarcazione la facevano scorrere fino alla poppa.
In questo modo naturalmente le assi sprofondavano nella banchisa, e chi ci stava sopra si trovava nell’acqua fino alla cintola. Dopo di che, saltati nuovamente dentro la barca, recuperavano le assi, fissate a delle corde, le riposizionavano a prua e tutto ricominciava da capo.
J.Brodskij, Solovki le isole del martirio. Da monastero a primo lager sovietico, Seriate, La Casa di Matriona, 1998, p. 89. Traduzione di M. Dell’Asta e A. Vicini