Il Santo Sergij e l'orso

Epifanij il Saggio è considerato il più importante agiografo russo del XIV-XV secolo. Il passo che riportiamo racconta un episodio della vita del santo eremita Sergij di Radonez. La leggenda è comunque indicativa delle difficoltà incontrate dai monaci che sceglievano di vivere (soli o in comunità) nell’estremo nord. Freddo, fame e animali selvatici erano un pericolo costante.

A volte erano intrighi e spaventi diabolici, a volte invece gli assalti delle bestie; come si racconta, in ogni eremo ve n’erano molte. Alcune passavano in branchi, ululando e mugghiando, ma altre si muovevano in piccoli gruppi di due o di tre o anche isolate, alcune lontano, altre vicino, alcune si avvicinavano al Beato, lo circondavano o addirittura lo annusavano. Vi era tra loro una bestia... un orso, che prese l’abitudine di andare dal venerabile; ma il venerabile vedeva che l’animale veniva da lui non per cattiveria, bensì per prenderne cibo e nutrimento; e gli portava dalla sua capanna una fettina di pane e la posava per l’orso su di un tronco d’albero o su di un ramo divelto, affinché l’animale, che veniva come al solito, trovasse una specie di pasto preparato. Esso prendeva con le labbra il pane e se ne andava. [...]

Talvolta il beato non contentava se stesso e rimaneva con la fame; quando aveva soltanto un pezzo di pane, lo gettava a quella bestia e decideva di non mangiare e di affamarsi quel giorno piuttosto che offendere l’animale e lasciare che se andasse senza nutrimento. E l’animale non venne una volta né due, ma lo fece per parecchio tempo ogni giorno, per più d’un anno.

D. Tschizewskij, Storia dello spirito russo , Firenze, Sansoni, 1965, pp. 91-92. Traduzione di L. Baligioni Terz

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