La gratitudine dei Bulgari nei confronti di Hitler

All’inizio del Novecento, la Bulgaria aveva subito numerose e umilianti sconfitte, ad opera di Serbia e Grecia, stati confinanti decisi ad allargare i propri confini. Anche la prima guerra mondiale (combattuta dai bulgari a fianco della Germania) si era conclusa con una catastrofe. Le spettacolari vittorie di Hitler (che senza alcuna perdita avevano permesso alla Bulgaria di recuperare la Tracia e la Macedonia) parvero l’inizio di un nuovo ordine europeo più favorevole, di una vera e propria nuova epoca storica.

Il discorso seguente fu pronunciato l’11 novembre 1941, davanti al re e alla Camera, dal vicepresidente del Parlamento Dimitar Peshev. Questo stesso uomo, però, nel marzo 1943, avrebbe fermato la macchina della deportazione dalla Bulgaria.

Il grande capo del Reich, alla luce degli avvenimenti accaduti nei Balcani, ha detto letteralmente: “Siamo particolarmente emozionati per essere riusciti a riparare l’ingiustizia commessa ai danni della Bulgaria molto tempo fa. Dopo che il popolo tedesco ha imposto con il suo esercito la revisione [territoriale], siamo convinti di fare il nostro dovere esprimendo una gratitudine storica verso il fedele compagno d’armi nella Grande Guerra, la Bulgaria”.

Questo non è solo un discorso, è anche una dichiarazione d’intenti, un preciso impegno politico del più grande dirigente dei nostri tempi, dell’artefice del Nuovo Ordine, di colui che in questo momento incarna la potenza del Terzo Reich, che si è impegnato con le proprie forze a spezzare le catene del passato per costruire una nuova comunità internazionale, più giusta e felice.

G. Nissim, L’uomo che fermò Hitler. La storia di Dimitar Peshev che salvò gli ebrei di una nazione intera, Milano, Mondadori, 1998, p. 78

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