Dalla ferrovia alla camera a gas

Analisi di un percorso
Auschwitz, 1942. Il progetto del Crematorio II, realizzato a Birkenau. Il disegno è datato 23 gennaio 1942 e servirà come progetto per realizzare anche il Crematorio III.Seguiamo idealmente un gruppo di persone che, sulla rampa ferroviaria, nell’estate 1944 siano state giudicate inabili al lavoro, selezionate per il gas e indirizzate verso il Crematorio II. Questi individui (in maggioranza donne, con bambini piccoli, e anziani) percorrevano una strada parallela ai binari fino ad incontrare il cancello dell’area in cui si trovava il Crematorio.

Quest’ultimo era composto di tre strutture. La prima era il grande edificio dei forni; la seconda era lo spogliatoio, una lunga sala posta sotto il livello del terreno, per accedere alla quale era necessario scendere alcuni gradini; infine, disposta in modo tale da formare, sul progetto, una grande L, rispetto allo spogliatoio, la camera a gas, anch’essa seminterrata.

Coloro che erano destinati ad essere eliminati dovevano spogliarsi completamente, nel vasto stanzone, che non offriva separazioni di alcun genere a maschi e femmine. Questa promiscuità nello spogliatoio è una prima importante diversità di procedura, rispetto a Treblinka; un’altra differenza riguarda i lunghi capelli delle donne, che a Treblinka erano tagliati prima dell’ingresso nella camera, mentre ad Auschwitz erano prelevati dopo la morte.

La sala presentava numerose panche ed attaccapanni muniti di numero. Si trattava di un inganno: l’invito a ricordare il numero del gancio cui si erano appesi i propri indumenti lasciava intendere che ci fosse un recupero dei vestiti stessi. Ad una finalità simile tendevano anche le numerose scritte poste sui muri, che invitavano all’igiene e a sottoporsi diligentemente ad un bagno di disinfezione, contro i pidocchi.

Dentro la camera

Uomini e donne erano infine stipati nella vasta camera a gas, mascherata da struttura di disinfezione. Il soffitto, in effetti, presentava numerosi tubi per l’acqua, del tutto finti ed inutilizzati, e diversi diffusori per l’acqua (anch’essi, ovviamente, inutilizzati). Il gas però non usciva dai finti diffusori, bensì era immesso, dall’alto, entro appositi contenitori grigliati.

Introdotto da botole poste sul tetto, il Zyclon B si depositava sul pavimento e agiva dal basso verso l’alto. Il quadro descritto dai testimoni che hanno assistito ad una o più gassazioni è terribile; tutti concordano sul fatto che nella camera si svolgeva una disperata (quanto inutile) lotta per la sopravvivenza. Gli individui si urtavano e si spingevano verso la porta e le pareti, dal momento che i contenitori grigliati da cui usciva il gas erano al centro del locale; nel medesimo tempo, i più forti cercavano di scavalcare i più deboli, per respirare le ultime sacche d’aria, mentre il gas saturava gradualmente la camera agendo dal pavimento in direzione del soffitto. Mentre accadeva tutto ciò, man mano che le persone morivano asfissiate, urinavano, vomitavano e/o evacuavano feci.

In certi casi, il numero di persone all’interno era così elevato che molte persone restavano, sia pur morte, in piedi, e cadevano (come pietre, secondo un’espressione ricorrente, usata dai testimoni) man mano che i cadaveri erano prelevati, dopo l’accensione dell’impianto di ventilazione e l’apertura della porta.

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