La nascita del lager

Finalità del campo
Auschwitz, 2000. La scritta Arbeit macht frei, sovrastante il cancello di ingresso del campo di concentramento denominato Auschwitz IIl 25 ottobre 1939, dopo aver spazzato via con la guerra lampo la giovane repubblica polacca, Hitler procedette alla riorganizzazione amministrativa dei territori conquistati. Per quanto riguarda Auschwitz, fu deciso di non includerla nel Governatorato generale di Polonia, bensì di unirla alla regione denominata Alta Slesia, che fu a sua volta annessa al Reich. Quindi, a partire dall’autunno 1939, e fino alla conclusione della guerra, per i nazisti quella fu un’area tedesca a tutti gli effetti. Il che spiega, tra l’altro, come mai gli ebrei della vicina Cracovia non siano stati condotti nei campi di Auschwitz, bensì eliminati nei campi dell’Aktion Reinhard: pur essendo distanti appena 60 chilometri, l’antica capitale del regno di Polonia e la cittadina sulla Sola si trovavano ora in due regioni amministrative del tutto diverse.

In Polonia, i nazisti si preoccuparono fin dall’inizio di mettere in condizione di non nuocere tutti coloro che avrebbero potuto mettersi a guida di un movimento di resistenza. Ben presto, però, le prigioni del territorio Katowice furono sature, sicché si rese necessaria l’istituzione di un campo concentramento. L’area di Auschwitz colpì Himmler e il suo fido collaboratore Erich von dem Bach-Zelewski in virtù dell’ottimo sistema di collegamenti ferroviari di cui essa era dotata. Il lager di Auschwitz, dunque, nacque con un’iniziale specifica finalità: creare un luogo di detenzione per oppositori politici polacchi.
Arbeit macht frei

Il 4 maggio 1940, Rudolf Höss fu nominato da Himmler comandante del nuovo campo in via di allestimento. Sugli edifici precedentemente adibiti a caserme, l’intervento più consistente fu il raddoppio della capienza: in pratica, agli edifici dotati di un unico piano ne fu aggiunto un secondo. Höss era un ufficiale delle SS molto esperto, che aveva già prestato servizio a Dachau e Sachsenhausen. Quasi sicuramente fu sua l’idea di apporre sul cancello di ingresso del campo la scritta Arbeit macht frei (Il lavoro rende liberi), ripresa dal cancello di Dachau.

Non si tratta assolutamente di una frase ironica, ma di un residuo delle finalità e delle matrici originarie del lager nazista. In origine, il campo di concentramento era stato concepito come luogo di rieducazione di tutti quei soggetti che, secondo i nazisti, tenevano comportamenti (politici, sessuali, religiosi, sociali…) contrari alla comunitànazionale. Questa doveva difendersi da quanti erano una minaccia per la collettività, ma al tempo stesso non era escluso a priori che i soggetti pericolosi potessero redimersi, purché sottoposti ad un adeguato trattamento, basato sul lavoro e sulla ferrea disciplina. Nacquero da tale istanza anche altri aspetti tipici dei lager nazisti, derivati dall’esercito, come la cura maniacale dell’uniforme e le marce scandite dalla musica.

Già nel caso degli oppositori politici più determinati i nazisti considerarono ben presto impossibili la rieducazione e il reinserimento nella comunità nazionale. A maggior ragione, questa idea era assurda per dei prigionieri polacchi, considerati dei puri e semplici nemici, pronti a guidare un movimento di resistenza. Höss sapeva di essere stato chiamato a dirigere un lager di soggetti irrecuperabili; eppure, gli aspetti esteriori, i riti e i regolamenti restarono quelli tradizionali (elaborati a Dachuau), anche se avevano ormai perso gran parte del proprio significato.

Approfondimenti

Azioni sul documento