Il crematorio I, nella testimonianza di una SS

Pery Broad presto servizio ad Auschwitz come SS a partire dal 1942. Nel corso di quell’anno, il Crematorio I (situato nel campo principale, denominato Auschwitz I) vide alcune gassazioni sperimentali, prima di essere soppiantato dai nuovi grandi impianti del campo di Auschwitz II – Birkenau.

Il vecchio crematorio di Auschwitz si trovava a circa 100 metri dal campo. Probabilmente, in precedenza, era servito da magazzino per la verdura. L’edificio di mattoni era stato circondato su tre lati da terra di riporto, coperta d’erba, d’arbusti e di fiori graziosi. Per tetto, era stata collocata una lastra di cemento armato. L’entrata principale era nascosta da un alto muro, su cui si aprivano una solida porta d’entrata e una d’uscita. Era là, lontano dagli occhi dei testimoni indiscreti, che venivano scaricati ogni giorno i furgoni provenienti dal deposito del Blocco 28 [nelle cantine di questo blocco si trovava una morgue, cioè un deposito provvisorio per i cadaveri di coloro che morivano all’interno del campo – n.d.r.]. Un forestiero non avrebbe mai sospettato che quel monticello rettangolare, coperto di piante multicolori, fosse un crematorio. Solo un grosso tubo ricurvo che fuoriusciva dal tetto e da cui veniva un rumore monotono avrebbe attratto la sua attenzione; tuttavia, difficilmente avrebbe pensato, senza essere stato avvertito in precedenza, che là c’era un ventilatore per purificare l’aria nella camera di cremazione.

Persino il camino quadrato, che s’innalzava per molti metri e che era collegato ai quattro forni da un condotto sotterraneo, non presentava nulla di straordinario, in condizioni normali. Tuttavia, le cose cambiavano se il vento riportava verso terra il fumo che usciva dal camino in volute trasparenti e bluastre. Allora, l’odore penetrante della carne e dei capelli bruciati si faceva sentire tutt’intorno, per vari chilometri.

Quando venivano riaccesi i forni – nei quali erano bruciati simultaneamente da quattro a sei cadaveri – degli spessi sbuffi di fumo, di colore scuro, cominciavano a salire dal camino, mentre la notte, uscivano delle fiamme vivide, alte diversi metri e visibili da lontano. La finalità di quel monticello dall’apparenza innocente diveniva allora chiaro a chiunque. Sul lato opposto rispetto alla strada, una finestra con le inferriate, da cui l’aria fresca era condotta ai forni, si apriva nella terra di riporto [che copriva l’intera struttura – n.d.r.].

Nell’interno, oscuro, si poteva sentire il fracasso sinistro delle barre d’acciaio e delle pale con cui erano caricati il coke dentro i forni e i corpi nelle fornaci. All’interno del crematorio, si trovavano una camera di cremazione, un vestibolo e una vasta morgue; nel soffitto di quest’ultima erano state praticate, oltre a quella del ventilatore, sei aperture per l’aerazione, chiuse [all’esterno – n.d.r.] con dei coperchi.

I condannati aspettavano nel cortile davanti al crematorio. Una lanterna in ferro battuto sospesa sopra la porta faceva pensare all’ingresso in una casetta graziosa. Era una specie di scherno, in quanto, in realtà, per quella porta, innumerevoli disgraziati entravano nel crematorio per non uscirne più, e ogni giorno i corpi condotti dai camion erano trascinati oltre la sua soglia.

Auschwitz vu par les SS. Rudolf Höss, Pery Broad, Johann Paul Kremer, Oswiecim, Le Musée d’Etat d’Auschwitz-Birkenau, 2004, pp. 116-117

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