Il blocco 11

La prigione del campo
Auschwitz, 2000. Il Blocco 11, all’interno del campo di concentramento denominato Auschwitz IGli edifici in muratura che costituivano il nucleo centrale del campo di Auschwitz I erano denominati Blocchi (Block). Mentre la maggior parte era adibita ad alloggi dei detenuti, il Block 11 aveva una funzione disciplinare, cioè svolgeva il ruolo di prigione del lager. Al suo interno si trovavano gli uffici della locale sezione della Gestapo, che era in stretto contatto con quella di Katowice. Periodicamente, i funzionari della Gestapo di Katowice venivano infatti ad Auschwitz per completare i procedimenti avviati a carico di polacchi che erano stati arrestati per attività illegali (possesso di una radio, ad esempio) o azioni di resistenza. Queste persone erano condotte nel Blocco 11 di Auschwitz, interrogate, torturate e infine condannate con un verdetto standard di questo genere: "In seguito alle indagini della polizia di Stato, il polacco [cognome e nome] ha infranto la legge dello stato tedesco, per cui il Tribunale della Gestapo di Kattowitz lo condanna a morte". Il condannato si spogliava nel bagno della prigione, dopo di che usciva nel cortile che separava Blocco 11 dal Blocco 10; in fondo a tale spiazzo, si trovava un muro di legno e sabbia (denominato la parete nera), davanti al quale avveniva l’uccisione. In un primo tempo, a sparare era il classico plotone di esecuzione; dall’11 novembre 1941, invece, i detenuti (151 in quella prima occasione) furono eliminati uno alla volta, con armi di piccolo calibro.

Le condanne emesse dal Tribunale della Gestapo ed eseguite presso il Blocco 11 furono 3000-4500. Una sorte simile toccò anche a numerosi ostaggi, catturati dopo azioni di sabotaggio verificatesi nella regione, e detenuti prigionieri, che avevano violato il regolamento del campo. E’ possibile che, in totale, le esecuzioni davanti alla parete nera siano state almeno 25 000.
Modalità di esecuzione

Le fucilazioni non erano eseguite in pubblico; quando avevano luogo, i detenuti erano obbligati a restare chiusi nei loro alloggi, mentre le finestre del Blocco 10 – che guardavano direttamente sullo spiazzo della parete nera – erano perennemente chiuse e sbarrate. Le impiccagioni invece erano pubbliche, in quanto erano la pena inflitta a coloro che avevano provato ad evadere, ma erano stati catturati. L’esecuzione avveniva in occasione dell’appello, di fronte a tutti i prigionieri schierati, e serviva a mostrar loro l’assoluta inutilità dei tentativi di fuga. Fino al 1942, se il detenuto evaso non era ripreso in tempi brevi, venivano eseguite durissime punizioni collettive: dalla squadra del fuggiasco, infatti, venivano scelti 10 suoi compagni, che poi venivano collocati nelle celle del Blocco 11, poste sotto il livello del suolo, e lì lasciati a morire di inedia.

Episodi di questo tipo si verificarono il 23 aprile e il 17 giugno 1941; lo stesso anno, in agosto, si verificò anche uno dei più celebri episodi di martirio di Auschwitz: il sacerdote francescano polacco Maksymilian Rajmund Kolbe, infatti, si offrì volontario, al posto di Franciszek Gajowniczek, già prescelto dalle SS.

Padre Kolbe trascorse quasi due settimane in una cella sotterranea del Blocco 11, senza ricevere nulla da mangiare o da bere. Infine, il 14 agosto 1941, fu ucciso con un’iniezione di fenolo.

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