L'uccisione dei prigionieri Russi

Nelle sue memorie, Rudolf Höss descrive in modo dettagliato le procedure seguite alla ricerca di una tecnica di uccisione di massa che fosse da un lato efficace, ma dall’altro non traumatizzasse gli assassini stessi. Purtroppo, gli eventi descritti sono di difficile datazione. Secondo alcuni studiosi, vanno collocati nel settembre 1941; secondo altri, nel dicembre del medesimo anno.

Prima ancora che cominciasse lo sterminio in massa degli ebrei, in quasi tutti i campi di concentramento, negli anni 1941 e 1942, furono liquidati i politruks [= grado di base dei commissaripolitici – n.d.r.] e i commissari politici. Secondo una disposizione segreta del Führer, in tutti i campi di prigionieri di guerra unità speciali della Gestapo trascelsero i politruks russi e i commissari politici, che vennero inviati al più vicino campo di concentramento per essere liquidati. Questa misura venne motivata dicendo che i russi ammazzavano immediatamente ogni soldato tedesco che fosse stato membro del Partito o appartenesse a qualche organizzazione del Partito, in particolare poi le SS, e che i funzionari politici dell’Armata Rossa avevano l’incarico, nel caso che cadessero prigionieri, di creare disordini nei campi di prigionia e nei luoghi di lavoro, comunque fosse possibile, e di sabotare il lavoro stesso.

Anche ad Auschwitz giunsero questi funzionari politici dell’Armata Rossa, destinati alla liquidazione. I primi gruppi meno numerosi vennero uccisi dai plotoni d’esecuzione. Ma, durante una mia assenza, il mio sostituto, lo Schutzhaftlagerführer [= comandante della guardia del campo; il termine non indica un grado SS, ma la funzione svolta all’interno del lager – n.d.r.] Karl Fritzsch adoperò a questo scopo un gas, e precisamente un preparato di acido prussico, Cyclon B, che veniva usato al campo per la disinfestazione dei parassiti, e che vi si trovava in grosse quantità. Al mio ritorno Fritzsch mi riferì quanto aveva fatto, ed il gas venne impiegato anche per il trasporto successivo.

La gasazione venne effettuata nelle celle di detenzione del blocco 11. Io stesso, proteggendomi il viso con una maschera antigas, assistetti all’uccisione. La morte sopravveniva nelle celle stipate, subito dopo l’immissione del gas. Un breve grido, subito soffocato, e tutto era finito [questa affermazione di Höss è falsa: l’agonia, per molti dei prigionieri che subirono questo primo esperimento, fu lunga e dolorosa; alcuni erano ancora vivi il giorno successivo, cosicché l’erogazione del gas dovette essere ripetuta – n.d.r.].

Durante la prima esperienza di gasazione cui assistetti, non riuscii a realizzare appieno ciò che accadeva, forse perché troppo impressionato dall’insieme delle operazioni. Ricordo invece più nitidamente la gasazione, immediatamente successiva, di 900 russi nel vecchio forno crematorio [= il Crematorio I, all’interno dello Stammlager, Auschwitz I – n.d.r.], dacché l’utilizzazione del block 11 comportava troppe difficoltà. Mentre ancora durava lo sbarco dal treno, nella copertura di terra e cemento armato della camera mortuaria vennero praticate delle aperture. I russi vennero obbligati a spogliarsi nell’anticamera, e poi entrarono tutti tranquillamente nella camera mortuaria, dove era stato detto loro che sarebbero stati spidocchiati. Lo spazio conteneva giusto l’intero trasporto. La porta venne sbarrata e dalle aperture venne fatto entrare il gas.

Non so quanto sia durata questa uccisione, ma per un certo tempo si intese ancora come un ronzio. Al momento dell’immissione, alcuni urlarono “gas!” e si levò come un ruggito, mentre gli uomini cercavano di forzare le porte, che tuttavia non cedettero. Parecchie ore dopo, le porte vennero aperte e fu fatta entrare l’aria. Allora per la prima volta vidi in grande quantità i cadaveri di individui gasati, e ciò provocò in me un malessere, un brivido, benché mi fossi figurata peggiore la morte col gas. Avevo sempre immaginato un orribile soffocamento, mentre invece i cadaveri non mostravano affatto tracce di contrazioni o di spasimi. Come mi spiegarono poi i medici, l’acido prussico agiva sui polmoni con un effetto paralizzante, ma talmente repentino e violento da non provocare fenomeni di vero soffocamento, come avviene per il gas illuminante o, in generale, per l’assenza di ossigeno nell’aria.

Sull’uccisione dei prigionieri di guerra russi non formulavo, a quel tempo, alcun giudizio: era un ordine, e dovevo eseguirlo. Ma devo dire apertamente che la loro gasazione mi recò un grande conforto, perché entro un termine prevedibile avrebbe dovuto cominciare lo sterminio in massa degli ebrei, e né Eichmann, né io, sapevamo ancora bene in qual modo vi avremmo provveduto. Evidentemente, avremmo dovuto servirci di un gas, ma di quale? Ma ora avevamo scoperto il gas e il modo di usarlo.

R. Höss, Comandante ad Auschwitz. Memoriale autobiografico di Rudolf Höss, Torino, Einaudi, 1985, pp. 128-130. Traduzione di G. Panzieri Sajna. Prefazione di P. Levi

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