3. Studio di caso - “Montecchio Emilia: una Fabbrica, un Paese”

Prodotto didattico-multimediale dell’Istituto Silvio D’Arzo di Montecchio Emilia. Aprile-maggio 2014
foto cap.3

 

 

 

 

 

 

 

 


La foto anonima, rara e inedita, ci è stata fornita dal nipote e ritrae, sulla destra, Silvio Minardi, il lattoniere della Casa del popolo

Il progetto

Il progetto è stato realizzato dagli studenti dell’Istituto superiore “Silvio D’Arzo” di Montecchio Emilia in collaborazione con la Sezione Didattica dell’ Istituto per la Storia e le Memoriedel Novecento Parri E.R., nel quadro del progetto conCittadini promosso dall’Assemblea legislativa della Regione Emilia-Romagna.

Ha previsto:

  1. un lavoro di studio di caso dal titolo “Montecchio Emilia: una Fabbrica, un Paese”
  2. un prodotto didattico-multimediale: il film “Montecchio Emilia: un sentiero verso la modernità” (sceneggiatura, recitazione, realizzazione e musiche a cura  del prof. Azzali Fabrizio e degli studenti dell’Istituto Silvio D’Arzo di Montecchio Emilia- aprile-maggio 2014; Regia e montaggio : Nico Guidetti; Classi: 5 A-5B- Indirizzo Tecnico Industriale; Dirigente Scolastico: prof.ssa Rosanna Rossi; Progettazione, coordinamento, supervisione: prof.ssa Lorena Mussini- Sezione Didattica Istituto per la Storia e le Memoriedel Novecento Parri E.R.; Docente referente:prof. Fabrizio Azzali; Co-progettazione, consulenza e conduzione visite guidate : dr. Antonio Canovi, storico, esperto di storia orale e  di geostoria.; Attività didattiche, visite guidate, interviste: proff.ri, Fabrizio Azzali, Antonio Canovi, Lorena Mussini; Realizzazione riprese filmiche e documentazione interviste:dr. Nico Guidetti; Produzione del film : Nico Guidetti e Tecnici dell’Istituto D’Arzo; Interpreti:studenti dell’Istituto D’Arzoe gli  operai, gli impiegati,  il personale dirigente ed amministrativo della CAPOLO di Montecchio Emilia)

    Premessa
    I rapporti fra territorio/luoghi e memoria risultano complessi, molteplici e presentano una varietà di foto premessasituazioni. L’osservazione storica di un paesaggio, nel senso più ampio di questa operazione, permette di osservare le tracce del passato e dei tempi successivi che l’hanno continuamente trasformato. La consapevolezza della corrispondenza fra un fatto storico e un luogo determinato, anche senza tracce consistenti di questo passato, oppure con alcune tracce, addirittura con un luogo fortemente simbolico dello stesso, trasforma profondamente lo sguardo critico, i sentimenti dell’osservatore, il suo senso di appartenenza. La memoria corrisponde a un territorio e si percepisce in rapporto con questo.

    Socialmente costruita, la memoria è pertanto diversa e plurale. Lo è sia per ogni individuo che per un territorio determinato, caratterizzato da un’articolazione complessa di memorie diverse che non vengono tutte utilizzate nello stesso modo.

    Una fabbrica, un paese” - la fase pionieristica 1880-1920

    La storia dell’industrializzazione a Montecchio e della nascita di un distretto industriale

    La ricerca-azione di questo studio di caso si svolge a Montecchio Emilia, un paese pedecollinare della Val D’Enza, una zona al confine tra due province, Reggio Emilia e Parma, nel periodo che va dalla fine dell’Ottocento sino ad oggi.

    Un paese che per la sua particolare posizione geografica, centrale sull’asse Nord/Sud della Via Emilia, dunque fra gli appennini e la pianura, e sull’asse Est/Ovest, fra le due città di Reggio Emilia e Parma, ha conosciuto  uno sviluppo industriale particolare, tutto centrato su una fabbrica, la Capolo, che ha determinato la nascita, con l’indotto, di un vero e  proprio distretto industriale, anche se di dimensioni più ridotte rispetto alle realtà di Carpi (maglieria e filati) e Sassuolo (ceramiche).

    Questa fabbrica dunque, per la sua specificità ed importanza, sintetizza il lungo Novecento della industrializzazione a Montecchio, per le trasformazioni che ha determinato nella comunità, nel tessuto sociale e nelle realtà produttive del comprensorio. La storia, dunque, del lavoro operaio e del commercio, ma anche dei cambiamenti introdotti a Montecchio dalla modernizzazione e poi dalla globalizzazione, come la transizione verso una terziarizzazione e finanziarizzazione dell’economia e del sistema produttivo. Questa storia è legata indissolubilmente a questa fabbrica che nasce nel 1910 come una Casa del Popolo “bianca”, cioè cattolica, per opera di 4 sacerdoti e 14 laici. Questi primi protagonisti, di cui qui citiamo solo i due più noti, Don Alai, sacerdote fondatore e Minardi Silvio, lattoniere, che mette il proprio sapere al servizio della fabbrica nascente, costituiscono il 2 ottobre 1910, davanti al notaio Del Rio, la Società Anonima Cooperativa Cattolica, con un capitale sociale di 720 lire e un capitale di risorse umane e competenze notevole per il tempo (ci sono fra i fondatori, un impiegato, diversi possidenti terrieri e qualche artigiano-calzolaio). La storia successiva è quella di una fabbrica che cresce perché, producendo barattoli di latta ed intrecciando la propria produzione con quella del pomodoro- tipica coltivazione agricola del parmense- diventa sempre più grande, importante ed accompagna, scandendone la varie fasi, l’evoluzione politica sociale ed economica del territorio, diventando così un prisma potente per ri-leggere i processi storici che, a livello nazionale, interessano il nostro paese, fino al tempo attuale, in cui la Capolo si è trasformata ormai in una Multinazionale.

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