Carcere e media: “Anche in Emilia-Romagna serve più informazione”

19.12.2022

Carcere e media: “Anche in Emilia-Romagna serve più informazione”

Sono 3.390 le persone detenute nelle dieci strutture carcerarie dell’Emilia-Romagna (dati aggiornati al 30 novembre 2022): 756 a Bologna, 353 a Ferrara, 163 a Forlì, 444 a Modena, 77 a Castelfranco Emilia, 358 a Piacenza, 694 a Parma, 79 a Ravenna, 339 a Reggio Emilia e 127 a Rimini.

Fra i 3.390 detenuti (56.524 a livello nazionale) si contano anche 150 donne, mentre gli stranieri arrivano a 1.648.

La capienza regolamentare delle nostre strutture arriva a 3.011: il surplus quindi è di 379 unità.

Una giornata in Assemblea legislativa regionale dedicata alla situazione carceraria in Emilia-Romagna, al rapporto con i media e al lavoro dei giornalisti. Un incontro di formazione promosso dal Garante dell’Emilia-Romagna in collaborazione con l’Ordine dei Giornalisti. 

Il Garante regionale dei detenuti, Roberto Cavalieri, sottolinea che “l’obiettivo primario, nonostante le risorse scarse riservate al sistema delle carceri, resta quello costituzionale di una pena rispettosa del senso di umanità e che tenda alla rieducazione del condannato”. Per il garante, occorre lavorare sul tema dei diritti: “È fondamentale – spiega – aumentare le attività all’interno delle carceri, a partire dal lavoro”. Inoltre, aggiunge, “non va sottovalutato il tema della salute, anche per contrastare il rischio suicidario: nei carceri della regione i tentativi di suicidio, nei soli primi sei mesi del 2022, sono stati 114, 762 i casi di autolesionismo”. “Serve rendere fruttuoso il tempo passato in carcere”, conclude Cavalieri.

Ad aprire i lavori la vicepresidente dell’Assemblea legislativa Silvia Zamboni, anche lei iscritta all’Ordine dei Giornalisti, che, nel rimarcare quanto siano importanti incontri come questo in cui si parla della situazione carceraria in regione, rileva come i detenuti siano anche portatori di diritti: “Devono essere garantiti loro – evidenzia – spazi adeguati. A Parma scopriamo che c’è chi non può accedere al riscaldamento e all’acqua calda, una vera e propria umiliazione. In questo modo come possiamo pensare di rieducare queste persone?”.

Per la direttrice del carcere bolognese della Dozza, Rosa Alba Casella, la domanda è se il carcere sia in grado di adempiere ai suoi compiti e se sia, effettivamente, nella condizione di rieducare chi vi entra. Per Casella le statistiche sul tema non sono buone: “Mancano adeguate risorse – sottolinea – per garantire ai detenuti percorsi efficaci. I numeri ci dicono che, per chi esce, le recidive arrivano al 60-70 per cento”. Per la direttrice, poi, nelle strutture carcerarie permangono problemi evidenti: “Il sovraffollamento – rimarca – è al 117 per cento, da inizio anno i suicidi in carcere sono arrivati a 79, le carenze strutturali degli edifici sono palesi e manca il lavoro”. “La detenzione domiciliare – conclude Casella indicando una possibile soluzione – dovrebbe coinvolgere tutte quelle persone con pene inferiori ai 18 mesi, ma non è così. In molti non possono accedere a questa misura perché semplicemente senza una residenza, in primis gli stranieri. Dobbiamo quindi ripartire dai diritti: il carcere deve diventare una casa di vetro”.

Rispetto al tema del sovraffollamento emerge che otto delle dieci strutture in regione hanno troppi ospiti: Bologna (+ 254), Ferrara (+ 109), Forlì (+ 19), Modena (+ 75), Parma (+ 39), Ravenna (+ 24), Reggio (+ 46) e Rimini (+ 15). Il problema sovraffollamento è presente anche nell’istituto penale minorile del Pratello, a Bologna: le presenze sono arrivate a 49, rispetto ai 40 posti disponibili.

All’incontro, moderato da Mauro Sarti, direttore del Servizio informazione dell’Assemblea, sono intervenuti anche il fotografo-documentarista Giampiero Corelli, che ha presentato il suo nuovo lavoro dedicato alle donne in carcere “Domani faccio la brava”, il segretario generale aggiunto del sindacato della polizia penitenziaria (Sappe) Giovanni Durante, che ha parlato della situazione carceraria dal punto di vista della polizia penitenziaria, il giornalista (già presidente dell’Ordine) Giovanni Rossi, che è intervenuto sulla deontologia, e il garante dei detenuti a Bologna Antonio Ianniello, che ha affrontato la situazione carceraria bolognese. Ha poi portato la sua testimonianza un detenuto in semilibertà, Luciano Martucci: “Attraverso le attività sociali e lo studio ho trovato la mia via per uscire da quell’esperienza”. Esperienza davvero difficile: “Per me il carcere resta un luogo di tortura, non è rieducativo. In quegli anni ho cercato di sopravvivere per non impazzire, non avevo più un’identità”.

In sala era presente anche il professore emerito Giorgio Basevi  che segue i detenuti, come lo stesso Martucci, iscritto all’Università di Bologna.

Fotogallery

Azioni sul documento