L’uomo non è il suo errore

19.10.2012

L’uomo non è il suo errore
“La permanenza in carcere crea rabbia: la persona è annullata completamente.
Perde gli affetti, la moglie, i figli, i genitori. Quando hai scontato la pena ed esci sei solo, sfiduciato.
Mi hanno dato un sacco nero dell’immondizia.
Ho messo dentro gli stracci che avevo e me ne sono andato”.

La vita di Benedetto per anni è stato un continuo entrare e uscire dal carcere. Un carcere che gli crea rabbia e frustrazione, dove si sente solo e allontanato dagli affetti, dalle relazioni di cui ogni uomo, a prescindere dall’errore commesso, ha un profondo bisogno.

Nel 2007 Benedetto arriva alla “Casa Madre del perdono”, un centro di accoglienza alternativo al carcere tradizionale promosso dalla Comunità Papa Giovanni XXIII di Rimini. Uno spazio in cui il detenuto, mettendosi in gioco nel lavoro, nell’altruismo, nella collaborazione con gli altri, riscopre la propria dignità e il proprio valore. Trova una nuova dimensione di vita.

Oggi Benedetto vive e lavora come operatore alla "Casa Madre del perdono" ed è un riferimento per i detenuti ospiti della struttura. Della sua esperienza racconta: “Ho riscoperto la dignità che non avevo, né per strada, né in carcere. Sono una persona nuova, ho ritrovato mia figlia e il mio nipotino. Mia figlia prima non voleva neanche vedermi. Dopo due anni di lettere in cui le raccontavo il mio miglioramento, il giorno del mio compleanno mi ha chiamato. Mi è venuto un colpo. Oggi dice che di suo padre si può fidare”.

Don Oreste Benzi, che guidò l’apertura della prima Casa famiglia, diceva: “Nello sbaglio di un uomo c’è lo sbaglio di tutti. Nel recupero di una persona è necessario il coinvolgimento di tutti. Il carcerato è una risorsa che manca alla società."

L’impegno nel mondo del carcere della Comunità Papa Giovanni XXIII nasce nei primi anni Novanta. L’intervento pilota, il progetto “Oltre le sbarre”, prevede - in accordo con le istituzioni - lo sviluppo e la sperimentazione di nuove modalità di sconto della pena. Ai detenuti, che il progetto chiama recuperandi, viene offerto un percorso educativo in una dimensione familiare. All’interno del percorso tutti si devono assumere delle responsabilità: gestione e ordine degli spazi, preparazione dei pasti, cura dell'orto e allevamento di piccoli animali.

Per le fasi successive e per dare agli ospiti la possibilità di un lavoro che sia terapia e strumento di reinserimento sociale, la Comunità ha creato diverse strutture e programmi sia in Italia che all’estero. La "Casa Madre del Perdono" è una di queste.

Nasce nel 2004 in provincia di Rimini, per offrire ai recuperandi, detenuti comuni non tossicodipendenti, un percorso educativo in una dimensione di casa e di famiglia nell'ambito del CEC – Comunità educante con i carcerati. Una comunità fatta di carcerati ma anche di volontari, educante perché “tira fuori” e valorizza le potenzialità di ognuno, con i carcerati e non per i carcerati in quanto il carcerato è solo in apparenza il diretto interessato. Il territorio locale, la comunità nel suo complesso, è coinvolto nel progetto educativo attraverso la presenza di numerosi volontari, appositamente formati, che instaurano relazioni di amicizia e dialogo con i singoli detenuti e organizzano per loro attività educative e ricreative.

Mentre il progetto “Oltre le sbarre” sviluppa percorsi educativi personalizzati esterni all'istituto di pena, con il progetto CEC - Comunità educante con i carcerati - la Comunità Papà Giovanni XXIII valuta la concreta possibilità di creare un carcere-comunità in cui prevale l'aspetto rieducativo delle persone. Il tutto si realizza in case aperte, senza strutture restrittive specifiche.

Un'esperienza innovativa che ha già avutoimportanti riconoscimenti: il CEC è stato presentato a Bruxelles nel corso di un'audizione di fronte alla Commissione e al Parlamento Europeo.

Ma quello che più conta sono i risultati: dalla sua apertura sono stati accolti nella casa 151 detenuti: 90 italiani, 11 provenienti da paesi dell’Unione Europea e 50 provenienti da paesi terzi. Attualmente gli ospiti sono 14. Nella piccola ma significativa esperienza della Comunità si è visto che solo l’8% di chi ha portato a termine il programma di recupero presso le strutture alternative è tornato a delinquere, a fronte di una media nazionale di recidiva del 70-75%.

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