Lavoro e vita dei detenuti
Tipologia dei prigionieri
Oltre ai politici di sinistra, agli ufficiali Bianchi catturati e a numerossimi preti, alle isole Solovki furono deportati moltissimi ribelli contadini catturati nella regione di Tambov. Verso la fine degli anni Venti, aumentò il numero dei soggetti socialmente pericolosi: ladri, assassini e, soprattutto, prostitute, condannate a tre anni di reclusione. Di solito, nel periodo di permanenza in lager, le prostitute riuscivano ad evitare il lavoro manuale, sfruttando proprio la professione per emendarsi dalla quale erano state inviate al campo.
Un gruppo particolare di prigionieri socialmente problematici divenne poi quello dei minori, il cui primo contingente (tutti inferiori ai 16 anni) arrivò alle Solovki il 12 marzo 1929. Si trattava di besprizorniki, ragazzi abbandonati e senza famiglia, in quanto i loro genitori erano morti durante la guerra civile oppure di malattie e di stenti, nei terribili anni 1921-1922. Da liberi, dormivano dove capitava (ad esempio nei calderoni in cui si preparava l’asfalto), vagabondavano di città in città, passando da un treno all’altro, vivevano di piccoli furti ed altri espedienti. In molti casi, erano tossicodipendenti, perché si erano precocemente avvicinati all’hascisc o alla cocaina che per qualche tempo arrivarono in grande quantità dalla Germania.
Alloggi e lavoro
Tutte le testimonianze concordano nell’affermare che la densità abitativa, all’interno del monastero, era insostenibile. I letti, ovviamente, erano privi di lenzuola e gli ambienti, in genere, erano freddissimi, privi di qualsiasi riscaldamento. Il che spingeva i reclusi a costituire dei gruppi di calore di 4 o 6 persone, che si stringevano gli uni agli altri per scaldarsi un poco. Tuttavia, le condizioni di vita di coloro che erano inviati nel bosco, in campi senza nome, a tagliare legname, erano molto peggiori. I loro alloggi erano a dir poco primitivi: si trattava di buche o trincee, scavate spesso con le mani nude (cioè senza vanghe o altri attrezzi) in terreni paludosi e acquitrinosi. La mortalità più elevata si registrò proprio in tali luoghi improvvisati. Altri lavori molto duri furono quello di costruzione e manutenzione di una piccola ferrovia a binario unico e a scartamento ridotto (entrata in funzione il 13 agosto 1927) e quello nelle torbiere. Qui si lavorava con l’acqua fino alle ginocchia o fino alla cintola, per estrarre la torba (la norma fissata era di almeno 12 metri cubi giornalieri a persona), che poi veniva messa ad essiccare.
La corruzione, all’interno del campo, imperava sovrana. Elargendo denaro agli ufficiali o al personale sanitario, era possibile essere dichiarati inidonei ai lavori più pesanti ed essere assegnati ad altre attività meno faticose, salvo poi vedersi improvvisamente ritirare tali privilegi. Anche questa prassi rientrava nel clima di generale arbitrio ed irrazionalità che caratterizzò la gestione del lager delle Solovki negli anni Venti.