I pogrom dei bianchi durante la guerra civile: una memoria letteraria
Uomini in uniforme e contadini, con fruste, bastoni e falci in mano, spinsero la negra [= scura: la maggior parte degli ebrei russi si vestiva di nero - n.d.r. ] frotta degli ebrei lungo la strada notturna, malamente illuminata. Penetrarono a forza in ciascuna delle piccole casette, spensero i lumi, ordinarono agli ebrei di riaccenderli perché si sapeva che la loro legge proibiva di farlo il sabato. Alcuni contadini, dopo averne tolto i mozziconi accesi, nascondevano i candelieri sotto i propri vestiti, poi si divertivano ad avvicinare le candele a tutte le cose combustibili che fossero a portata di mano e a incendiarle.
Così, presto ardevano tovaglie, tendine e lenzuola. I bambini ebrei alzavano grida lamentose, le donne si strappavano i capelli, chiamavano i nomi dei loro uomini che avevano un suono così ridicolo e indecoroso per i persecutori da farli sghignazzare fino alle lacrime. Molti imitavano il piagnisteo dei bambini e delle donne. Si levò nell'aria un tumulto veramente pazzesco. Alcuni degli ebrei trascinati lì fecero il tentativo infantile di nascondersi nelle case a loro ben note. Ma furono subito presi e picchiati. [...]
Un soldato, un tipo robusto con spalle larghe e una testolina minuscola che ricordava una piccola noce, un povero minuscolo frutto su un tronco potente, fendette la folla, venne fuori e si fermò davanti a una giovane donna ebrea il cui bel viso bruno, con innocenti occhi d'ambra sbarrati dal terrore sotto il fazzoletto bianco di seta lucida, aveva già attratto il soldato da lontano, eccitandolo all'amore come all'odio.
La giovane donna si irrigidì. [...] Il soldato alzò un randello e lo calò sibilante sul fazzoletto che copriva la testa dell'ebrea. Lei cadde di schianto. Tutti gettarono un grido. Il sangue apparve sul bianco lucido del fazzoletto di seta. E, come se la vista del sangue vermiglio, del primo che in quel giorno scorreva, avesse finalmente fornito all'ira ottusa della folla un chiaro significato e una determinata direzione, anche negli altri si destò una voglia infrenabile di colpire, di calpestare, e già vedevano davanti ai loro occhi veli rossi di sangue, fiumi rossi di sangue, come cateratte sanguinose. E scaricavano i loro colpi, ognuno con quello che gli capitava di avere in mano, sugli uomini, sui bambini, sulle cose, che per caso erano davanti o vicino a loro.
J. ROTH, Tarabas. Un ospite su questa terra, Milano, Adelphi, 1979, pp. 107-108. Traduzione di L. Fabbri.