Le operazioni di massacri: procedure e problemi

Se i tedeschi portarono a termine il loro compito rapidamente e con efficacia, fu anche perché i massacri erano standardizzati. In ogni città, le unità mobili ripetevano la stessa procedura, con poche varianti minori. Sceglievano un luogo per l’esecuzione, generalmente lontano dalle città, e preparavano una fossa comune. Spesso, ampliavano e rendevano più profondo un fossato anticarro o una voragine di granata; alcune volte dovevano scavare una nuova fossa collettiva. Poi, a partire dal luogo di raccolta, le vittime venivano condotte alla fossa per infornate successive, cominciando dagli uomini. Il luogo, all’inizio, era vietato a tutte le persone estranee all’operazione, ma a volte fu impossibile rispettare la regola, e vedremo come ne seguirono gravi difficoltà. Prima di morire, i prigionieri consegnavano gli oggetti di qualche valore al capo dei loro uccisori. D’inverno si toglievano i cappotti; nelle stagioni calde dovevano consegnare tutti i vestiti, a volte anche gli indumenti intimi.

A partire da questo modello, i metodi di esecuzione potevano variare. Taluni Einsatzkommandos allineavano i condannati sul bordo della fossa e li uccidevano con la mitragliatrice o altre armi leggere, sparando loro alla nuca; gli ebrei colpiti a morte cadevano nella tomba. Ma altri comandanti non gradivano questo procedimento, pensando, forse, che responsalizzasse troppo l’NKVD (Narodnyj Kommissariat Vniutrennich Djel – Commissariato del popolo per gli Affari interni) sovietico. Blobel, comandante dell’Einsatzkommando 4a, dopo la guerra dichiarò che, personalmente, si era rifiutato di far uso di specialisti del tiro alla nuca (Genickschusspezialisten ). Anche Ohlendorf scartò questa tecnica, poiché non voleva imporre ai suoi uomini <<responsabilità personali>>. Come lui, Blobel e Haensch hanno dichiarato di aver preferito il tiro di squadra a distanza. Un terzo metodo consentiva di combinare l’efficacia e il carattere impersonale delle esecuzioni. Conosciuto come sistema delle sardine (Ölsardinenmanier), consisteva nel far distendere la prima infornata di vittime sul fondo della fossa, poi nel fucilarle dall’alto con tiri incrociati; dopo di che la seconda infornata si distendeva a sua volta, con la testa dalla parte dei piedi dei morti. Alla quinta o alla sesta tornata si chiudeva la fossa. A Rovno, gli ebrei vennero fucilati in una gola con mitragliatrici e poi le sponde furono fatte saltare per coprire i corpi con i blocchi di terra staccatisi dalle pareti. In seguito dei cani dissotterrarono i cadaveri dalle fosse.

E’ significativo il fatto che gli ebrei si siano lasciati uccidere senza resistenza. Tra tutti i rapporti degli Einsatzgruppen, ben pochi menzionano incidenti. Le esecuzioni non costarono una sola vittima agli uomini delle unità di massacro; essi subirono perdite solo a causa di malattie  o incidenti, e in occasione di conflitti con i partigiani o di loro avvicinamenti al fronte. In uno dei rapporti dell’Einsatzgruppe C si legge: <<E’ stupefacente la calma con la quale i delinquenti si lasciano uccidere, che siano ebrei o non ebrei. La paura della morte sembra essere rimossa da una sorta di usura (Abstumpfung) risultante dai vent’anni di regime sovietico. Questa annotazione è del settembre 1941. Gli anni seguenti avrebbero dimostrato che, in fin dei conti, i delinquenti non ebrei non erano poi così facili da eliminare; ma dopo essere stati sfiorati per la prima volta dalla morte, conoscendo in anticipo il loro destino, gli ebrei rimasero paralizzati.

Anche uccidendo gli ebrei con poco clamore, i capi degli Einsatzgruppen si preoccuparono delle eventuali ripercussioni sulla popolazione, sull’esercito e sui loro uomini; ripercussioni e problemi che nascevano dalla loro azione – come per una pietra gettata in acque tranquille che, a partire dal suo punto di caduta, genera onde che si propagano molto lontano. […] Accadde, infatti, che taluni ebrei venissero uccisi da soldati che agivano senza ordini né direttive. Alcuni offrivano il loro aiuto alle unità mobili di massacro e partecipavano alle esecuzioni; se ne videro altri immischiarsi nei pogrom, o anche organizzare esecuzioni di propria iniziativa. Abbiamo già sottolineato come l’esercito avesse prestato un’assistenza considerevole alle unità mobili; in che cosa allora, nelle condizioni indicate, quegli atti, generalmente individuali, potevano inquietare i comandi?

C’erano in proposito diverse ragioni di ordine amministrativo. Dal punto di vista statutario, era poco gradito lasciare che dei soldati svolgessero funzioni di polizia. Quanto ai pogrom, erano un vero incubo per gli esperti del governo di occupazione; i massacri improvvisati sulle strade o nei villaggi costituivano un pericolo, e non solo per via dei rischi di errori o di incidenti. Ma al di là di queste considerazioni di circostanza, si trattava di una reazione complessiva nella quale trovava espressione tutta la psicologia del processo di distruzione.

Poiché l'assassinio degli ebrei era ammesso come una necessità storica, il soldato doveva capire; e se per un qualsiasi motivo gli veniva ordinato di aiutare le SS e la Polizia nel loro lavoro, si supponeva che obbedisse. Ma se un soldato uccideva spontaneamente un ebreo, di sua personale iniziativa, senza un ordine preciso e mosso solo dalla sua voglia di uccidere, allora commetteva un atto fuori dalla norma, degno forse di un europeo orientale – d’un rumeno, per fare un esempio – ma che comprometteva la disciplina e il prestigio dell'esercito tedesco. Qui veniva posta la differenza cruciale tra l’uomo che si dominava, anche per uccidere, e quello che si rendeva colpevole di atrocità gratuite. Il primo veniva giudicato un buon soldato e un nazista convinto, il secondo non sapeva essere padrone di se stesso e, dopo la guerra, di ritorno in patria, avrebbe rappresentato un pericolo per la comunità tedesca. Tutti gli ordini che mirarono a risolvere il problema degli eccessi, si ispirarono a questa morale. Il capo ddel XXX Corpo, associato all’11a Armata, il 2 agosto 1941, diffuse il seguente ordine, fino al livello delle compagnie:

<<Partecipazione dei soldati ad azioni contro gli ebrei e i comunisti.

La volontà fanatica dei membri del Partito comunista e degli ebrei di fermare a ogni costo l’avanzata dell’esercito tedesco deve essere spezzata in ogni circostanza. Al fine di assicurare condizioni di sicurezza nelle retrovie dell’esercito, si rende dunque necessario adottare provvedimenti draconiani [dass scharf durchgegriffen wird]. Questo compito viene affidato ai Sonderkommandos. Tuttavia, membri delle forze armate hanno partecipato in modo increscioso [in unerfreulicher Weise beteiligt] a un’azione di questo tipo in una località. Per cui, per il futuro, ordino quanto segue:

Possono prendere parte a queste azioni soltanto quei soldati che ne hanno ricevuto l’ordine formale. Inoltre, faccio divieto a tutti gli uomini sottoposti ai miei ordini di parteciparvi anche come spettatori. Ogniqualvolta i membri delle forze armate vengano destinati a tali azioni [Aktionen], dovranno essere comandati da un ufficiale. L’ufficiale dovrà vigilare perché non si producano eccessi non graditi da parte delle truppe [dass jede unerfreuliche Ausschreitung seitens der Truppe unterbleibt].

(R. Hilberg, La distruzione degli Ebrei d'Europa, Torino, Einaudi, 1999, p. 335-337. 342-343 e Traduzione di F. Sessi e G. Guastalla)

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