L'importanza storica del movimento giovanile

La storia definitiva dei Wandervögel (i vagabondi) resta ancora da scrivere. Il movimento ha suscitato più attenzione fra i sociologi che fra gli storici. I Wandervögel [ l’espressione, alla lettera, significa uccelli migratorin.d.r. ] ebbero origine nell’ultimo decennio del secolo nel ginnasio del sobborgo di Steglitz a Berlino dove, per la prima volta, agli studenti fu concesso di andare in gita senza la supervisione e neppure la partecipazione degli insegnanti. Lo slogan << i giovani con i giovani >> assunse col tempo un significato più ampio fino a comprendere un rifiuto della vita medioborghese e delle buone maniere degli adulti.

Il ginnasio impartiva un’educazione umanistica, e da essa il concetto di eros entrò nel movimento ai suoi inizi. [...] L’eros era una parte centrale della cultura greca, qualcosa in cui erano stati educati a scuola; il legame dell’amicizia maschile che univa saldamente fra loro i giovani che scoprivano un mondo chiuso agli adulti.

Il mondo che essi scoprivano era il frutto delle escursioni che erano l’attività chiave dei Vagabondi. Era il mondo della natura concepita in termini romantici e contrapposta all’artificiosità delle città e alla mediocrità dei ceti medi. Naturalmente questo richiamava alla memoria quei primi romantici che idealizzavano le bellezze della natura. Per questi giovani questa era anche una bellezza interiore: l’uomo che reagiva all’autenticità della natura. La semplicità nel comportamento e nel vestire – il semplice Kluft [ = divisa – n.d.r. ] e lo zaino – divenne importante. La natura poi arrivò a significare specificamente il paesaggio tedesco che essi andavano a esplorare, un paesaggio in cui erano presenti e vivi i ricordi del passato, nei castelli in rovina e nel tradizionale modo di vivere della gente di campagna. Il passato tedesco sembrava autentico, come la natura stessa, lontano dall’artificiosità della società industriale medioborghese. Essi fecero rivivere le antiche canzoni popolari cantandole durante la marcia o quando la sera si sedevano attorno al falò. Questo romanticismo si collegava sia all’amore per la natura che ad un passato nazionale idealizzato. [...]

Nelle città, fra un’escursione e l’altra, essi continuavano lo stesso genere di vita; si trovavano nei loro covi e cantavano canzoni popolari. Si sviluppò una concezione emozionale della vita che apprezzava la bellezza della natura e i profondi legami di amicizia personale al di sopra dei costumi di una società che sembrava materialistica e quindi disprezzabile. A tutto ciò bisogna aggiungere la loro idea di leadership fortemente sviluppata. [...] Che cos’era un capo? Era uno dei ragazzi, della stessa età e appartenente allo stesso gruppo. In questo senso c’era una concezione democratica della leadership. Il suo carisma consisteva nel fatto di essere un po’ al di sopra degli altri appartenenti al gruppo. << Quando facciamo al tiro a segno, è quello che fa più punti; quando si ride, il suo esempio è il più contagioso; quando parliamo, è quello che parla meglio >>. Il carisma del capo esigeva che non si desse delle arie; parlava da pari a pari col più debole della banda. Una concezione della leadership basata sull’uguaglianza e su una differenza di realizzazione. Era considerata una leadership democratica. Per salutare il capo era stata riesumata la forma di saluto medievale: il braccio destro teso e la parola heil .

Questa forma di saluto è diventata poi il saluto nazionalsocialista, tale e quale. In effetti, gli elementi di questa concezione della leadership fecero parte dello sviluppo delle moderne idee totalitarie.

(G. L. Mosse, La cultura dell’Europa occidentale nell’Ottocento e nel Novecento, Milano Mondadori, 1986, pp. 291-293. Traduzione di S. D’Amico)

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