Liceo Classico "M. Gioia"

Titolo del progetto:

Rwanda ’94: la mostra, i video

Abstract del progetto:

Individuazione della categoria storiografica "Genocidio" e comparazione del genocidio - Shoah, ebreo, armeno e quello tra hutu e Tutsi.

Il progetto è partito dalla frase di Primo Levi «E’ avvenuto, quindi può accadere di nuovo: questo è il nocciolo di quanto abbiamo da dire», nella consapevolezza che Auschwitz può avere i suoi cloni. Che cosa ha di specifico Auschwitz? Ai ragazzi è stato proposto di abbandonare il retorico Mai Più per chiedersi invece Perché Ancora?, ovvero: come, perché, con quali complicità e responsabilità l’orrore è tornato ad accadere?

Due classi (una 4° scientifico e una 2° liceo classico) hanno condiviso un laboratorio di memoria attivaper rompere stereotipi e luoghi comuni (un tempo sull’ebreo, oggi sull’africano) e rivolgere particolare attenzione all’uso della parola e dell’immagine. Gli studenti hanno così elaborato una mostra didattica composta di 9 pannelli che, a partire dal concetto di genocidio, analizza e racconta il caso Rwanda (con un occhio alla comparazione con la Shoah) e una serie di 7 video: alcuni videoclip di narrazione storica e un paio di cortometraggi di elaborazione più critico-riflessiva.  Infine  la scelta del caso Rwanda: nel comparativismo sul genocidio, il rwandese “genocidio dei vicini di casa”, dei tanti uomini normali, né buoni né cattivi che per quieto vivere o per interesse hanno accettato, hanno collaborato e sono precipitati nell’orrore, ci conduce a chiederci quali sono le nostre “zone grigie”, presenti anche oggi nella nostra vita quotidiana. Quali sono le contraddizioni, le paure, le ambivalenze della civiltà occidentale? Cosa si può fare per svelarle e uscirne? Il caso Rwanda è una storia lontana geograficamente, ma anche tanto vicina nel tempo e nelle complicità europee ed occidentali, è una storia che ci chiama alla coscienza e alla responsabilità. Da qui anche il desiderio di rendere visibile il lavoro aprendolo alla condivisione e alla partecipazione di altre classi e scuole. Sono stati realizzati un seminario il 28 febbraio 2012 per le scuole di Piacenza e in collaborazione con l’Istituto Storico di Piacenza, ove sono stati presentati la mostra e i video e si è discusso sul genocidio  rwandese con Francoise Kankindi, una testimone eccezionale, ora presidente dell’associazione Bene-Rwanda; ed una serie di lezioni sul Rwanda che gli studenti hanno tenuto in alcune scuole medie piacentine, presentando la mostra e i video e condividendo riflessioni e impressioni.  Questo laboratorio storico ha lasciato i partecipanti con il senso di colpa e di responsabilità, con il circo dell’informazione, come europei colonialisti inventori delle carte d’identità etniche, le operazioni di pace e di guerra, con i dossier della CIA che sapevano ma che vennero nascosti e ignorati. Auschwitz può avere i suoi cloni, per cui è necessario comparare per stare in guardia e denunciare il ripetersi dell’orrore, anche se questo significa però uscire dall’indicibilità di Auschwitz, perchè  «Dire che Auschwitz è “indicibile” o “incomprensibile” equivale a euphemein, ad adorarlo in silenzio, come si fa con un dio; significa, cioè, quali che siano le intenzioni di ciascuno, contribuire alla sua gloria. Noi, invece, non ci vergogniamo di tenere lo sguardo fisso nell’inenarrabile. Anche  a costo di scoprire che ciò che il male sa di sé, lo troviamo facilmente anche in noi.»  (Giorgio Agamben).

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