Islam. Uno spettro si aggira per l'Europa. I mussulmani europei e le guerre d'identità

Islam e Europa: come è possibile un'integrazione?

Come si spiega la crescente paura che i cittadini europei percepiscono nei confronti del mondo islamico? Come decifrare l’ascesa in tutta Europa di partiti xenofobi e di estrema destra? E’ possibile creare modelli che portino ad una reale integrazione delle minoranze?

Il Festival Internazionale di Ferrara è stato anche l’occasione per ascoltare le opinioni di tre tra i massimi esperti mondiali del “mondo islamico”, nell’ambito delle conferenze dedicate all’Europa e alle sue paure.
Olivier Roy (politologo francese, autore di Global muslim), Ian Buruma (saggista e giornalista olandese, autore di Assassinio ad Amsterdam. I limiti della tolleranza e il caso Theo Van Gogh) e Tariq Ramadan (islamologo svizzero, autore di La riforma radicale. Islam, etica e liberazione) si sono confrontati in un incontro moderato da Lilli Gruber e dal titolo piuttosto esplicativo: Islam. Uno spettro si aggira per l’Europa. I mussulmani europei e le guerre di identità.

Confronti - C’è innanzitutto da sottolineare che, come spesso accade, ad alimentare le paure nei confronti dell’altro (in questo caso nei confronti dei mussulmani) c’è una buona dose di ignoranza.
Spesso, anche sulla stampa, si tende ad affrontare la questione come un confronto tra due blocchi monolitici. Da una parte l’Europa con i suoi valori democratici e liberali e dall’altra parte il mondo mussulmano (che nell’immaginario collettivo combacia con il Medio Oriente) governato da “teocrazie” e fondamentalisti religiosi pronti al martirio.

Ma tale rappresentazione non rispetta la realtà. In Medio Oriente la maggior parte dei regimi autoritari sono di natura laica e i gruppi che fanno direttamente riferimento all’Islam sono o all’opposizione o esclusi dalla vita politica. Non si tratta quindi di un mondo “monocromatico”. Così come non lo è l’Europa, dove è in corso un acceso dibattito su quali siano i suoi pilastri culturali (l’opinione del Papa sull’argomento ad esempio è molto diversa da quella di altri cittadini europei).

"L´altro" - “Il modo in cui parliamo del problema è il problema” sottolinea giustamente Tariq Ramadan nel suo intervento; poiché il criterio con cui si affronta una determinata tematica influenzerà in seguito gli schemi che l’opinione pubblica si farà sull’argomento.

Detto questo, sono molte le ragioni dell’attuale inquietudine europea nei confronti del mondo islamico.
Innanzitutto c’è una motivazione storica. Da secoli, nella retorica dei processi di nation building europei, l’Islam viene identificato come “l’altro”. A tale schema per il momento non si è sottratto nemmeno l’attuale “progetto europeo”.

Immigrazione - C’è poi una motivazione strettamente collegata al tema dell’immigrazione. In Europa c’è sempre stata un’immigrazione “mussulmana”, ma tale presenza è stata minima fino al secondo dopoguerra. Oggi i flussi migratori non solo sono più intensi ma gli immigrati di seconda e terza generazione sono più visibili e più integrati. Iniziano a vestire come noi, ad ascoltare la “nostra” musica, vanno nei fast food, ma li vogliono halal. Costruiscono moschee. Così facendo trasmettono un segnale di tipo religioso e questo crea ansia. Quello che bisogna capire però, è che se oggi i mussulmani sentono il bisogno di edificare moschee nelle “nostre” città è proprio perché iniziano a sentirsi a casa propria.

L’Europa a sua volta è consapevole del fatto che non ha futuro senza gli immigrati e la loro manodopera. Questo crea una crisi di identità. Crisi che a sua volta sprigiona un dibattito per ricostruirne una e da cui non si può escludere anche il mondo islamico.

Libertà - C’è poi una motivazione legata alle libertà individuali come ad esempio la libertà d’opinione. A partire dagli anni sessanta noi europei ci siamo abituati alla possibilità di critica anche nei confronti della religione. Improvvisamente tale libertà ha iniziato ad essere minacciata e limitata. Questo ovviamente ha prodotto e produce inquietudine. Ed anche se i mussulmani che vivono in occidente sembrano essere decisamente più consapevoli del sistema di libertà in cui vivono (le reazioni maggiori all’ultimo episodio delle vignette su Maometto si sono avute in paesi extra-europei) non si può certo negare che una parte, anche se una minoranza, ha ancora seri problemi ad accettarlo (si pensi ad esempio al caso di Theo Van Gogh).

Lo stesso vale per temi come l’aborto, la libertà sessuale, i matrimoni gay, ma in questo caso il discorso andrebbe sicuramente allargato a tutte le religioni.
Una delle soluzioni potrebbe essere individuata nell’enfatizzazione di concetti come “rispetto” e “tolleranza”. Concetti che non sono certo estranei alle tre principali religioni monoteiste.

Valori - Oggi l’Europa è in difficoltà nell’identificazione di un terreno comune di valori. Sono molti i temi su cui non si trova un accordo (si pensi ai numerosi dibattiti su diritti civili come aborto, coppie di fatto, testamento biologico, adozioni etc.).
Il consenso generale delle classi dirigenti contro il mondo islamico deriva in maggior parte dal fatto che non siamo d’accordo su chi siamo noi, su cosa vogliamo e quale direzione stiamo prendendo. Sinistra e destra votano unitariamente nei parlamenti europei per approvare leggi che ad esempio vietano il burqa o la costruzione di moschee.

“Sinistra e destra sono d’accordo, tutte insieme, contro l’Islam per motivi diversi l’una dall’altra. La destra è contraria all’Islam perché i mussulmani non sono cristiani e la sinistra è contro l’Islam perché i mussulmani sono mussulmani” spiega Olivier Roy.

Si tratta quindi di un accordo superficiale, che non ha come presupposto un progetto di società.

Distinzioni - In tale clima di incertezza ad approfittarne sono principalmente partiti xenofobi che vengono erroneamente identificati come partiti di estrema destra. La classificazione destra-sinistra sembra infatti non adattarsi a partiti come la Lega Nord in Italia o il Partito Democratico in Svezia. Si tratta principalmente di partiti populisti che in questo momento riescono a capitalizzare a proprio favore le paure degli europei e l’incapacità delle elite al potere di dare delle risposte concrete.

Quello che non bisogna dimenticare è che il segreto del successo del “modello europeo” è sempre stato nella distinzione tra sfera (e norma) religiosa e sfera (e norma) dello stato.
Il modello dello stato secolarizzato fa sì che la religione sia confinata nell’ambito privato di ogni cittadino, in modo che un credente fervente possa essere anche un ottimo cittadino, senza contraddizioni.

In questo quadro riveste un ruolo essenziale garantire la “laicità dello Stato”, in modo da affermare l’equidistanza di quest’ultimo da ogni credo o religione e promuovere equilibri sociali.
I mussulmani-europei stanno iniziando ad accettare questo modello anche perché si rendono sempre più conto che in alcuni paesi mediorientali l’Islam sta morendo di politica (si pensi al caso dell’Iran).

Occorre quindi evitare l’idea che lo stato debba in qualche modo controllare la religione. Un’illazione che andrebbe sicuramente a destabilizzare i già precari equilibri e la ricerca di un nuovo compromesso sociale funzionale alla creazione di un’identità europea.

Alessio Vaccaro - ottobre 2010

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