La crisi colpisce più le donne degli uomini

La recessione colpisce più le donne: ma dare loro maggiori opportunità è una sfida per la rinascita

Sono 3 milioni le persone che hanno perso il loro lavoro a causa della recessione, e il 40% sono donne. E se ci sono timidi segnali di ripresa, la situazione resterà dura per i più vulnerabili: i poveri, le donne e i bambini. E´ l´allarme lanciato dalla direttrice del Fondo di sviluppo per le donne dell´ONU. E’ questo il dramma che stanno vivendo più di 219 milioni, cioè il 6,5% di persone al mondo.

Su chi grava la crisi - Come mostra il rapporto dell’ILO di maggio 2009 sulle “Tendenze Globali dell’occupazione”, la crisi economica e finanziaria nei paesi sviluppati si è trasformata in una crisi mondiale e soprattutto in una crisi nel mondo del lavoro. Più di 1.2 miliardi di lavoratori nel mondo vivevano già in condizioni di povertà prima dell’inizio della crisi, più di 620 milioni vivono in estreme povertà con meno di 1.25 dollari al giorno, in queste condizioni la crisi rappresenta un grande pericolo per la vita, la salute e il benessere di milioni di persone.

"L´inizio della ripresa probabilmente non toccherà quelli che hanno sofferto di più", ha esordito Osnat Lubrani, direttrice europea del programma di sviluppo per le donne dell´ONU (UNIFEM), intervenendo alla riunione della commissione ´diritti delle donne´ del Parlamento europeo. "Nei Paesi poveri il 64% delle ragazze non va a scuola. Nei Paesi poveri sono morti fra i 200.000 e i 400.000 bambini a causa della crisi. Ecco le persone che soffrono di più di questa crisi".

Gli uomini hanno in media salari più alti, sono quindi meno vulnerabili alle conseguenze della crisi. "In molti Paesi, quando la situazione economica costringe a licenziare - ha continuato la Lubrani - sembra più legittimo licenziare le donne per prime, si crede che gli uomini abbiano più diritto ad un lavoro".

Una conseguenza ancora più grave è che la violenza domestica è aumentata a causa della congiuntura economica negativa. Mwila Chila Chigaga, la massima specialista regionale di genere dell’OIL, osserva che “la crisi può diventare devastatrice. Quando un uomo perde il lavoro, nascono sentimenti di disperazione; il nostro sistema patriarcale dice che un uomo non può che essere il fornitore della famiglia. Se perde questa funzione sociale, tenderà a riversare la sua frustrazione sulla partner”.
Inoltre “se osserviamo le nostre società, vediamo che le donne fornitrici della famiglia si adattano molto presto ai cambiamenti determinati dalla crisi: trovano il modo di guadagnare, attivano il meccanismo che scatta sulla base della nostra esperienza storica a fornire lavoro di cura, siamo equipaggiate per questo. Gli uomini al contrario non hanno questo meccanismo, non si autoproteggono e non proteggono. Allora, vedremo apparire la frustrazione, ed essa potrà manifestarsi in termini di violenza domestica”.

La presidente della Commissione Donne, Eva-Britt Svensson, afferma che “non si può tornare alla normalità come se niente fosse", e che la crisi dovrebbe generare un cambiamento anche nella gestione delle questioni finanziarie, finora di esclusivo dominio maschile. La Commissione parlamentare ha insistito sulla necessità di incoraggiare le donne a interessarsi alle questioni finanziarie, di promuovere l´accesso delle ragazze ai mestieri tecnici, e di creare nuovi mercati del lavoro meno discriminanti. La crisi economica e finanziaria grava in modo sproporzionato sulle donne, che, spesso concentrate in un settore vulnerabile, corrono maggiormente il rischio di essere licenziate rispetto agli uomini, ad avere dei bassi benefici sociali in caso di disoccupazione, accesso a e controllo sbilanciato su delle risorse finanziari e economiche.

Nei paesi in via di sviluppo - Considerando anche il quadro del Millennium Development Goals e quindi i paesi in via di sviluppo, la situazione sembra ancora più critica: la crisi minaccia di generare un rischioso aumento del livello di povertà e blocco del futuro sviluppo. Un gran numero di paesi non saranno capaci di realizzare gli obiettivi del Millennio specialmente quelli colpiti dal problema della mortalità infantile e delle donne.
I dati mostrano ad esempio che Asia e Pacifico perdono 42 miliardi di dollari all’anno anche a causa dell’accesso limitato delle donne alla opportunità di lavoro e dai 16 miliardi ai 30 miliardi dollari per il mancato accesso delle donne all´educazione.

E’ invece dimostrato che l’investimento nelle donne e nelle ragazze ha un effetto moltiplicatore sulla produttività, efficacia e sulla crescita economica sostenibile. In questo senso è imperativo che le risposte politiche alla crisi finanziaria ed economica tengano conto delle priorità e dei bisogni differenziati delle donne, dei uomini, delle ragazze e dei ragazzi e non riducano le politiche che promuovano l’uguaglianza di genere e il potenziamento delle donne.

Previsioni per il futuro - Per il futuro si prevede che la crisi economica mondiale possa portare ad un ulteriore aumento del numero di donne disoccupate di 22 milioni nel 2009. A lanciare quest’allarme è sempre il Rapporto annuale dell’ILO, secondo il quale la crisi mondiale dell’occupazione potrebbe peggiorare e creare nuovi ostacoli nel percorso verso una crescita sostenibile e socialmente giusta, rendendo ancora più difficile l’accesso per le donne ad un lavoro dignitoso. Nel rapporto, Ilo insiste affinchè si ricerchino soluzioni creative per affrontare la disuguaglianza di genere.

Il rapporto segnala che, nel 2008, su 3 miliardi di persone che lavoravano nel mondo, 1,2 miliardi erano donne (40,4%). Nel 2009 il tasso di disoccupazione femminile ha raggiunto il 7,4%, contro il 7% di quello maschile. Secondo il rapporto, l´impatto della crisi economica sugli uomini e sulle donne in termini di tasso di disoccupazione rischia di essere più nefasto per queste ultime rispetto agli uomini nella maggior parte delle regioni del mondo e soprattutto in America Latina e nei Caraibi.

Le uniche regioni in cui il tasso di disoccupazione dovrebbe essere meno negativo per le donne sono l´Asia orientale, le economie industrializzate, i paesi del Sud-Est Europeo (non Ue) e la Csi in cui le disuguaglianze di genere erano minori, in termini di opportunità di lavoro, già prima della crisi attuale. Le previsioni per il 2009 mostrano una contrazione del mercato del lavoro globale sia per gli uomini che per le donne. L´ILO stima che il tasso di disoccupazione globale avrebbe potuto attestarsi fra il 6,3% e il 7,1%, con un tasso di disoccupazione femminile fra il 6,5 % e il 7,4 % (per gli uomini fra il 6,1% ed il 7%).
Allo stesso tempo, l´ILO prevede che nel 2009 il tasso globale di posti di lavoro vulnerabili vari dal 50,5% al 54,7% per le donne, contro il 47,2% e 51,8% per gli uomini. Ciò conferma che, se da un lato ancora oggi la vulnerabilità pesa maggiormente sulle donne, la crisi sta spingendo sempre più uomini verso posti di lavoro vulnerabili rispetto al 2007.

Jane Hodges, la direttrice dell’Ufficio dell’ILO per le pari opportunità punta sulla situazione molto più sfortunata delle donne all’interno del mondo del lavoro nel quadro della crisi: “Tasso di occupazione più basso, minor controllo sulla proprietà e sulle risorse, maggiore concentrazione in forme di occupazione informali e vulnerabili con basse retribuzioni e scarsa protezione sociale: tutto ciò mette le donne in una posizione più debole rispetto agli uomini nell’affrontare la crisi”, aggiungendo: “Le donne possono far fronte a questa situazione lavorando più ore o facendo molteplici lavori a basso reddito, ma devono comunque far fronte agli impegni domestici non retribuiti”.

“La disuguaglianza di genere nel mondo del lavoro - ha affermato il direttore generale dell´ILO, Juan Somavia - è presente da sempre, ma rischia di essere aggravata dalla crisi. In un periodo di difficoltà economica, le donne spesso subiscono le conseguenze negative più rapidamente e godono dei benefici della ripresa più tardi. Già prima della crisi, la maggioranza delle donne attive lavorava nell´economia informale con basse retribuzioni e una scarsa protezione sociale”.

Possibili soluzioni - Juan Somavia ha inoltre citato una serie di misure politiche che potrebbero contribuire a riequilibrare il carico che pesa sulle donne e a far fronte alle conseguenze della globalizzazione. Ad esempio, l´accesso a lavori sostenibili e di qualità sia per gli uomini che per le donne, l´estensione della protezione sociale fra cui i sussidi di disoccupazione e schemi assicurativi che riconoscano la posizione vulnerabile delle donne nel mercato del lavoro, un dialogo sociale con la partecipazione attiva delle donne nei processi decisionali.

Supachai Panitchpakdi, segretario generale della Conferenza delle Nazioni Unite per il commercio e lo sviluppo (UNCTAD) in un’ intervista del 23 maggio 2009 ha affermato che “dopo la Grande Depressione degli anni ’30 ci sono state più di cento crisi nel mondo”,“ma molti sostengono che una crisi finanziaria globale come quella attuale “non si vedeva da 70 anni”. E le dimensioni di questa crisi sono “senza precedenti”, proprio per il suo impatto mondiale, secondo Supachai.

Secondo il segretario generale, i settori inizialmente più colpiti dalla crisi, come la finanza, le assicurazioni, il mercato immobiliare e il settore manifatturiero sono sempre stati dominati prevalentemente dagli uomini. Ma ora la crisi comincia a diffondersi nel settore dei servizi, dove in molti paesi c’è una prevalenza di lavoratrici donne.
Inoltre, con la diffusa emarginazione delle donne nella sfera sociale, economica e politica, saranno sempre loro a sostenere il peso maggiore delle difficoltà. Hanno ancora un minore accesso all’educazione e ad altri servizi sociali, un lavoro meno assicurato, stipendi più bassi e un’ insufficiente rappresentatività politica.

Questa situazione non solo è moralmente inaccettabile, ma è anche un ostacolo allo sviluppo economico. Le donne infatti contribuiscono in modo significativo all’economia, ad una migliore governance, oltre che alle loro comunità e nuclei familiari. Discriminazione ed emarginazione ostacolano però questo contributo, danneggiando la società. Come le disuguaglianze di reddito, la discriminazione di genere tende a fermare crescita e sviluppo paralizzando parte del nostro capitale umano.

Più opportunità alle donne - È ampiamente dimostrato che dare maggiori opportunità alle donne comporta dei miglioramenti nella riduzione della povertà e nella crescita economica. Alcuni studi mostrano che le donne tendono a spendere una parte maggiore del loro reddito nell’educazione dei figli e in altri obiettivi dello sviluppo umano, rispetto agli uomini, è quindi opportuno che la parità di genere venga seriamente considerata nelle politiche per lo sviluppo.

E’ molto interessante osservare come la politica commerciale di un certo paese influisca sull’uguaglianza di genere in due modi in particolare. Nel primo caso, il commercio tende ad avere forti effetti redistributivi, favorendo alcuni settori e gruppi sociali a discapito di altri, cioè le attività economiche e sociali variano secondo il sesso cosa che logicamente determina che gli effetti redistributivi differiscano al secondo del genere.

Quindi, secondo Supachai Panitchpakdi, "le usanze socio-culturali di un paese possono limitare la mobilità delle donne, e anche determinare le tipologie di lavoro considerate più appropriate per loro”. L’esempio dell’industria tessile è rilevante in questo caso. In molti paesi in via di sviluppo più dell’80% dei lavoratori è costituito da donne, quindi le misure commerciali che potrebbero determinare diverse tendenze come l’espansione o la contrazione del settore avranno un forte impatto sulla loro occupazione.

Alcune prove suggeriscono che, in sostanza, il commercio avrebbe favorito le donne. È il caso soprattutto di alcune economie in via di sviluppo a rapida crescita. Qui, le donne sono attive in alcuni dei principali settori dell’esportazione, come il tessile e l’elettronica, e la liberalizzazione degli scambi e l’integrazione regionale hanno portato ad un aumento delle opportunità di lavoro per le donne. Riuscire a guadagnare denaro è un enorme vantaggio, che conferisce potenziamento alle donne sia dentro che fuori l’ambito familiare.
Data la complicata relazione tra politiche commerciali e parità di genere serve una maggiore sensibilità tra i responsabili delle politiche e una più grande attenzione alle serie implicazioni del commercio sulle donne e sulla parità di genere.

Valutazioni di questo tipo possono aiutare i governi a stabilire migliori politiche complementari per ridurre l’impatto negativo delle politiche commerciali sulle donne.
Inoltre, nel contesto attuale di una grande crisi globale che pesa soprattutto sui paesi in via di sviluppo che non hanno nessuna responsabilità ma che ne pagano pesantemente le conseguenze, questa valutazione offrirebbe alle donne di questi paesi un ruolo fondamentale nel processo di sviluppo promosso attraverso i Milennium Development Goals, in cui un obiettivo è dedicato alla promozione della parità di genere.
Il ruolo della donna diventerà così indispensabile per seguire la via iniziata del mondo intero sotto la guida della Organizzazione delle Nazioni Unite per portare fuori dalla povertà e dalla fame i paesi in via di sviluppo.

Paula Benea - ottobre 2009

Per saperne di più:
www.europarl.europa.eu/.../default_it.htm

Azioni sul documento